Oramai si usa dirottare il Freccia Rossa sulla stazione di Porta Susa per evitare l’ira dei pendolari perenemente soggetti a disservizi. (via Repubblica)
L´ennesima giornata no del trasporto ferroviario – armageddon, l´apocalisse, per dirla con la parola slogan usata dagli abbonati torinesi dell´alta velocità – ha la faccia intimorita del giovane ferroviere alla guida del Frecciarossa serale 9554 proveniente da Roma, partenza teorica alle 18.58 da Milano Porta Garibaldi e arrivo virtuale a Torino Porta Nuova alle 19.50.
I leader dei pendolari fast, stremati dal ritardo accumulato, imbufaliti perché con il nuovo palinsesto gli sforamenti dei Tav risultano la regola e non un rara eccezione, sono andati in cabina di guida per chiedere conto dei dissesti nelle tabelle di marcia. È volata qualche parola pesante, dicono gli stessi forzati della Mi-To. L´atmosfera si è surriscaldata. Le colombe hanno dovuto trattenere i falchi. Poi il ferroviere al timone del convoglio, col cellulare aziendale, ha chiamato un superiore e ha chiesto lumi. Come tutti i Frecciarossa che partono da Roma, spiegazione, anche questo è rimasto impigliato nell´imbuto della stazione di Bologna, dove la linea delicata finisce e i Tav vengono istradatati sulle linee ordinarie, in comune con regionali, interregionali e intercity. E c´è stato un non meglio precisato “intervento tecnico” al supertreno. Risultato? Più che raddoppiati, per i torinesi di ritorno a casa, i tempi di percorrenza. Centosei minuti dal Duomo alla Mole anziché i pubblicizzati 52.