L’Ordine dei Giornalisti per anni ha avuto la stranezza abissale di avere due tipologie di figure professionali: i giornalisti di serie A e di serie B: i professionisti e i pubblicisti. Per anni i pubblicisti sono proliferati perchè al sistema servivano voti, carne da macello e numeri. Il sistema andava rivisto e ristrutturato da tempo facendo uscire di fretta “i mercanti dal tempio”, ma non si è fatto nulla per una redenzione morale. Ora arriva la mazzata, non inattesa, delle liberalizzazioni a venire e inizia “la grande rivoluzione” in cui terrorizzati i portatori di privilegi cercheranno di salvare il privilegio. Ma ora i topi stanno per uscire dalle tane e i gatti li mangeranno.
Qualche quesito sull’evoluzione delle cose di Stefano Tesi
Che fine, professionalmente parlando, faranno gli 80mila colleghi, non è dato sapere. Qualcuno propone di relegarli in un albo “ad esaurimento”, come i Cavalieri di Vittorio Veneto, ma senza medaglie al merito.
I diretti interessati (o meglio, chi all’OdG formalmente li rappresenta) ovviamente alzano le barricate e difendono anche le poltrone, i privilegi, le diarie e le indennità di un fortino in un tutta onestà non sempre difendibile. Tanto da indurre un commentatore (qui) a parlare di “Ordine prigioniero dei pubblicisti”.
Beh, contrariamente ad altri colleghi ho preferito pensarci bene prima di affrontare l’argomento, che mi pare assai più complesso e spinoso di quanto sembri.
E non mi sono unito al coro di chi per istinto, e forse un po’ superficialmente, ha gioito per questa paventata abolizione dicendo che finalmente non si ritroverà più accanto, nel mestiere, a dopolavoristi e signore bene.
Mi pare una posizione, sebbene comprensibile, miope e ingenerosa, ma soprattutto un po’ avventata, priva degli scrupoli che ci si dovrebbero fare quando si prendono decisioni destinate a incidere pesantemente sulla vita e sul futuro lavorativo delle persone.
Preferisco invece farmi e porre ai lettori alcune domande.