E’ interessante notare come ha fatto Massimo Mantellini che i giornali e i loro direttori non si siano troppo degnati di enfatizzare questo nuovo bavaglio realizzato dal Governo ai blogger. A pensar male si può concludere che senza volerlo il Governo in questo modo ha trovato un modo per limitare la concorrenza al predominiio informativo dei giornali tradizionali.
Juan Carlos De Martin via Lastampa.it
Eppure, singolarmente, diversi politici italiani, anziché concentrare le loro energie su come estendere l’esercizio di questa libertà a tutti i cittadini (il «digital divide» italiano, infatti, riguarda ancora oltre metà della popolazione), o su come più efficacemente educare la popolazione ad un uso maturo e consapevole della Rete (non si impara, infatti, in un giorno a guidare una Ferrari se si è sempre solo andati in bicicletta), da circa due anni sembrano cercare il modo di rendere l’espressione del proprio pensiero online più difficile e gravosa. Dopo diversi tentativi, forse ci stanno finalmente per riuscire. Il comma 29 dell’articolo 1 del decreto sulle intercettazioni in discussione in questi giorni alla Camera, infatti, estende – nella sua forma attuale – a tutti i gestori di siti informatici l’obbligo di rettifica previsto dalla legge sulla stampa: qualora non si dia seguito entro 48 ore ad una richiesta di rettifica, si è soggetti a una sanzione fino a 12 mila e 500 euro. Indipendentemente dal fatto che dietro al sito ci sia una struttura professionale o un semplice individuo, ovvero, che si tratti del sito, per esempio, de «La Stampa» o del blog della signora Maria Rossi, del sito di una grande azienda o di quello di una scuola elementare.