Una puntuale anlisi dello stato delle cose dei giornali di Luca De Biase
Varrebbe la pena di chiarire che si dovrebbe distinguere il destino dei giornali e quello dei giornalisti. È sbagliato definire i giornalisti come la categoria delle persone che scrivono i giornali (essendo i giornali tautologicamente quelle cose che sono scritte dai giornalisti…). E sebbene quella sia stata la definizione adottata dall’Ordine, non pare più molto azzeccata. Forse si potrebbe proporre l’idea di giornalisti come professionisti impegnati nella produzione di informazione per il pubblico con un metodo di ricerca empirico e trasparente (informazione, non comunicazione). In quel caso il loro destino non sarebbe necessariamente quello di seguire la sorte dei giornali. I giornali, invece, sono i prodotti di un’industria editoriale molto importante che a sua volta non vive solo del lavoro dei giornalisti, ma anche di quello delle concessionarie di pubblicità, di sostegno pubblico, di collaterali e altro.
Ho l’impressione che in una crisi come questa tutto diventi più semplice da capire. Se una cosa serve e viene fatta bene resiste di più di una cosa che non serve e viene fatta male. E questo vale anche per i giornali e per il lavoro dei giornalisti.