Una partita sempre più difficile

Andrea Fama su LSDI Si riaffaccia l’ ipotesi di un modello-micropagamenti alla seconda giornata del Festival interrnazionale di Perugia – I giornali chiudono ma i lettori aumentano – La pubblicità va a picco e le istituzioni vorrebbero chiudere i rubinetti che sovvenzionano l’editoria – Il giornalismo di qualità è messo a repentaglio da interessi terzi … Leggi tutto

Giornalismo all’italiana

Via Noise from Amerika I balletti e trasferimenti rispondono alla precisa logica di piazzare nei posti che contano le persone preferite. Dopo gli avvicendamenti al Sole e al Corriere, Anselmi dalla Stampa passerà, secondo l’articolo, all’Ansa, dove certamente tanti danni non potrà fare. Sarà interessante vedere chi andrà al TG1. Il giornalista spagnolo non le azzecca proprio … Leggi tutto

Il contratto infinito segno dei tempi

via Il Sole 24 ore È stata una giornata difficile sul fronte del contratto nazionale dei giornalisti. Sembrava ormai una formalità la firma, nella giornata di ieri, della bozza già approvata la scorsa settimana dalla giunta esecutiva della Fnsi, il sindacato nazionale dei giornalisti. Dopo quasi quattro anni sembrava finalmente essere stata raggiunta una soluzione. … Leggi tutto

Il costo della gratuità

L’Economist ripone il classico problema The idea that you can give things away online, and hope that advertising revenue will somehow materialise later on, undoubtedly appeals to users, who enjoy free services as a result. There is business logic to it, too. The nature of the internet means that the barrier to entry for new … Leggi tutto

Una transizione affannosa dell’informazione

Via Lsdi E l’industria dell’informazione non sa—e ha fatto meno di quanto potrebbe per imparare—come convertire questo pubblico online più attivo in entrate economiche. Nei quotidiani, è sparita circa la metà degli annunci pubblicitari, in buona parte a causa di iniziative che avrebbero potuto realizzare in proprio. Gli addetti ai lavori prevedono che gli introiti … Leggi tutto

L’Atlantide del giornalismo digitale

Siamo in una fase di grande transizione fra un presente che non è ancora compiuto, un passato che si sta consumando e un futuro radicalmente diverso.
Parliamo dell’informazione e del giornalismo.
Le fasi di transizione non sono per definizione momenti di tranquillità e di raziocinio, ma di turbinio e di modificazioni in corso d’opera.

Il rischio che si stava correndo nel recente passato era la perdita di una generazione di giornalisti, usiamo il termine classico che li descrive, già apolide, che poteva diventare definitivamente perduta. 

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Il giornale non è la sua carta. Il giornalista non è il pesce incartato.

Una puntuale anlisi dello stato delle cose dei giornali di Luca De Biase

Varrebbe la pena di chiarire che si dovrebbe distinguere il destino dei giornali e quello dei giornalisti. È sbagliato definire i giornalisti come la categoria delle persone che scrivono i giornali (essendo i giornali tautologicamente quelle cose che sono scritte dai giornalisti…). E sebbene quella sia stata la definizione adottata dall’Ordine, non pare più molto azzeccata. Forse si potrebbe proporre l’idea di giornalisti come professionisti impegnati nella produzione di informazione per il pubblico con un metodo di ricerca empirico e trasparente (informazione, non comunicazione). In quel caso il loro destino non sarebbe necessariamente quello di seguire la sorte dei giornali. I giornali, invece, sono i prodotti di un’industria editoriale molto importante che a sua volta non vive solo del lavoro dei giornalisti, ma anche di quello delle concessionarie di pubblicità, di sostegno pubblico, di collaterali e altro.

Ho l’impressione che in una crisi come questa tutto diventi più semplice da capire. Se una cosa serve e viene fatta bene resiste di più di una cosa che non serve e viene fatta male. E questo vale anche per i giornali e per il lavoro dei giornalisti.

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Sulla lapide dei giornali

Enrico Franceschini su Repubblica

Il necrologio è sormontato da due date: 1764-2009. “Dopo una lunga battaglia con pubblicità in declino, età anagrafica dei lettori troppo avanzata, concorrenza di Internet, sconsiderati livelli di indebitamento, costi inflessibili, ambizioni esagerate e crisi di nervi, l’industria dei giornali è passata a miglior vita”, annuncia il testo. Humour nero, specie se stampato su un giornale: il Financial Times, che ieri ha aperto a questo modo un’inchiesta sulla crisi dell’informazione quotidiana. Dal New York Times alle gazzette di provincia, la carta stampata è in declino: alla sua crisi strutturale, provocata dall’avvento del web, si è aggiunta la mazzata della crisi ciclica, la peggiore recessione economica a memoria d’uomo. Negli Stati Uniti, grandi giornali vanno in bancarotta uno dopo l’altro; ovunque, tutti perdono copie e profitti, e cercano di sopravvivere riducendo le spese.

Eppure la stampa quotidiana non ha mai avuto tanti lettori come oggi: grazie alle edizioni online, che tuttavia nella maggior parte dei casi sono gratuite e generano entrate pubblicitarie ancora troppo basse. “Dacci oggi il nostro giornale quotidiano”, continuano a dire i cittadini del mondo, però si sono abituati a leggerlo sullo schermo di un computer o di un telefonino, senza sborsare un soldo.

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Paure e speranze nel futuro delle news

Bernardo Parrella su Apogeonline Sull’onda di una super-crisi economica stavolta originata dall’interno, sembra procedere inarrestabile anche la caduta della stampa statunitense. Dal 1 gennaio 2008 si sono avuti circa 15.000 licenziamenti nelle redazioni, con ampia flessione di vendite, pubblicità e valori borsistici. Oltre alla dichiarazione di bancarotta per Tribune Co., che vanta testate quali Chicago … Leggi tutto

Il web fa bene alla carta

Via Prima Comunicazione

Il presidente di Rcs MediaGroup Piergaetano Marchetti spiega come il gruppo editoriale del Corriere della Sera sta affrontando la crisi economica e quali sono le linee di sviluppo in un’intervista pubblicata sul numero di marzo di Prima Comunicazione in edicola da domani a Milano e da giovedì 19 marzo a Roma.

«Abbiamo due fronti su cui misurarci: in questi mesi le difficoltà dell’economia reale si stanno ripercuotendo sull’editoria in maniera drammatica con tagli agli investimenti pubblicitari feroci e immediati» dice Marchetti. «C’è ancora molto da fare per ottimizzare l’organizzazione, ma soprattutto dobbiamo riflettere su come sarà il futuro di Rcs come gruppo multimediale e, di conseguenza, individuare le giuste strategie per riposizionare i nostri business. Certo, con enorme attenzione ai costi, ma anche decidendo gli investimenti necessari».

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La crisi è piena di buone notizie

La crisi dei giornali secondo Beppe Grillo

La crisi è piena di buone notizie. Una tra le migliori è la fine dei giornali. Il 30/40% della pubblicità li ha abbandonati da inizio anno. I lettori sono sempre più rari. I dati ufficiosi stimano tra il 10 e il 20% in meno le copie vendute nell’ultimo anno per molte testate. Rimane la carità del Governo e molti editori sono con il cappello in mano nelle sale d’aspetto a Palazzo Chigi. Per vivere grazie alle nostre tasse.
La discesa dei titoli dei gruppi editoriali è da infarto per chi li possiede. Nei primi due mesi e mezzo del 2009 Rizzoli Corriere della Sera ha perso il 43%, Mondadori il 33% e il Gruppo L’Espresso il 42%. In soli due mesi e mezzo! Indovinate quanto possono perdere in 12 mesi. Se si confrontano i valori minimi e massimi delle azioni nel 2008/2009 si può arrivare a prefissi telefonici. Il valore del Gruppo L’Espresso è sceso da 3,026 euro a 0,599, quello di RCS da 2,980 a 0,499, Mondadori da 5,790 a 2,305.

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