Il giornalismo non è solo articoli

Via Mario Tedeschini Questo blog sostiene da tempo che il “giornalismo online” non esiste come categoria in sé, che oggi tutto il giornalismo è “digitale”, ma è anche vero che i giornalisti che usano la Rete non solo per informarsi ma anche per informare, devono far fronte a sfide, raccogliere opportunità, utilizzare alcune tecniche comuni. … Leggi tutto

Le Sessioni di Venezia: episodio secondo

Secondo appuntamento martedì 31 marzo a Venezia per le Venice Sessions organizzate al Future Centre di Telecom Italia coorganizzato con Nova

Venice Sessions è un progetto di ricerca e di esplorazione verso il futuro. Una esperimento di ricerca collettiva grazie alla partecipazione di studiosi ed esperti. Si tratta di incontri sui massimi sistemi, ma riflettere un momento e in gruppo sullo stato delle cose, fermando le macchine del quotidiano, è utilissimo e fondamentale.

Dopo il primo evento ad ottobre, che aveva come ospite tra gli altri Tim Berners Lee inventore del web, il tema del secondo appuntamento è il futuro e il suo racconto: dalle keywords allo storytelling. Tra i relatori attesi lo scrittore francese Christian Salmon, la scienziata Ilaria Capua, l’artista Goffredo Haus, Lo scrittore Alessandro Baricco, i filosofi Stefano Moriggi e Maurizio Ferraris,  Andrea Pontremoli di Ibm e Federico Di Chio che si occupa del digitale di Mediaset. moderati da Luca de Biase e arricchiti  dal sociologo Giuliano Da Empoli. Documenti in rete su Youtube, Flick, Slideshare e Social Network su Facebook e Linkedin.

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Vittime del digitale: il reporter di guerra

Mimmo Candito su Lastampa.it ricorda che sta morendo un figura importante peruna corretta informazione. Per i repoter di guerra occrerà trovare prestissimo dei sostituti per evtiare che la percezione delle guerre sia totalmente “embedded”. La geografia della guerra non si estinguerà, e però lentamente, inevitabilmente, a tracciarne i percorsi saranno sempre meno i reporter, con … Leggi tutto

L’Atlantide del giornalismo digitale

Siamo in una fase di grande transizione fra un presente che non è ancora compiuto, un passato che si sta consumando e un futuro radicalmente diverso.
Parliamo dell’informazione e del giornalismo.
Le fasi di transizione non sono per definizione momenti di tranquillità e di raziocinio, ma di turbinio e di modificazioni in corso d’opera.

Il rischio che si stava correndo nel recente passato era la perdita di una generazione di giornalisti, usiamo il termine classico che li descrive, già apolide, che poteva diventare definitivamente perduta. 

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L’insolubile caso dei giornali

Via Luca Sofri

Improvvisamente tutto il dibattito sul futuro dei giornali è stato travolto da un intervento di Clay Shirky.
Clay Shirky è un professore alla New York University che si occupa da tempo di internet e di condivisione di contenuti in rete. Martedì esce in Italia per Codice il suo libro, e nel nuovo numero di Wired italiano che esce la prossima settimana c’è una sua intervista, fatta dal titolare, qui. Aveva avuto una maggiore notorietà anche qui da noi l’anno scorso quando Internazionale tradusse un suo articolo che rifletteva sul diverso approccio di chi guarda la tv e chi fa le cose su internet: il titolo era “Stiamo cercando il mouse” e si riferiva all’aneddoto di una bambina che Shirky aveva visto armeggiare misteriosamente dietro un televisore, e che alla domanda su cosa stesse facendo aveva risposto “sto cercando il mouse”.

Oggi Shirky ha pubblicato sul suo blog un’analisi sul presente – non il futuro, e questo è già un punto – dei giornali, ed è un’analisi formidabile. Per diverse ragioni.
Intanto perché conduce a un tipo di conclusione che non è mai tenuto abbastanza presente quando si discute su come affrontare dei problemi o che soluzione trovare: ovvero l’ipotesi che alcune cose non abbiano una soluzione individuabile. È una capacità di visione che a me interessa molto e che penso sia spesso rimossa ciecamente dall’orizzonte di analisi le più varie: certe cose cambiano e non sono più come prima, certe cose hanno un prezzo, certe cose non si risolvono senza perdite. Certe cose non si sa come andranno a finire: e chi pretende di indovinarlo non ha nessuna attendibilità.

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Parlare con i lettori

Via Internazionale

La Nieman Foundation per il giornalismo dell’Università di Harvard pubblica una rivista trimestrale. Nell’ultimo numero ci sono una serie di appassionati articoli su quello che la stampa può fare per entrare nel futuro digitale. Un’idea sembra aver contagiato tutti: che il giornalismo debba diventare un dialogo, che i quotidiani del futuro debbano essere una conversazione tra giornalisti e lettori, grazie alle reazioni immediate permesse dalla rete.

È una proposta affascinante, ma temo sia frutto di un malinteso. Sia sulla carta stampata sia su internet, i commenti dei lettori sono di due tipi: o sono diretti ai giornalisti o sono scritti per essere pubblicati. Poche persone telefonano in redazione, ma un numero sorprendente di lettori scrive, di solito per raccontare esperienze personali o per criticare.

A me capita anche di ricevere due o tre lettere al mese da persone che avrebbero bisogno di essere curate o rinchiuse. Di solito la busta è coperta di nastro adesivo, l’indirizzo è scritto tutto in maiuscole, e il mittente è convinto di essere spiato dalla Cia. Oppure arrivano cose inquietanti come la foto di una sedia vuota, che mi hanno spedito varie volte l’anno scorso.

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Vittime del digitale: Nannucci

La notizia è che Nannucci, definito “The oldest music shop by mailing and the largest music virtual shop in Italy”, il luogo dove ogni appassionato di musica in Italia ha comprato un disco d’importazione e non per corrispondenza,  chiuderà a breve. E’ nato nel 1936 e da allora via Oberdan è stata meta obbligata degli … Leggi tutto

Dissezione anatomica del primo Wired Italia

Via Blog Webnews

L’attesa era molta, alimentata da lungo tempo in rete e paradossalmente dissoltasi dall’inizio dell’anno. La premiere italiana e cartacea di Wired era attesa da molti addetti ai lavori per capire come si sarebbe reincarnato nella edizione made in Italy il mitico giornale nato nella West Coast americana. Un giornale che per anni è stato un mito o una Bibbia che dir si voglia. Un mito che nel corso degli anni si è un po’ svaporato per incapacità di rinnovarsi, ma che molti ancora raccolgono e conservano con feticismo nelle decadi buone come fosse un vino d’annata.

L’operazione Wired era partita da tempo. Dopo la scelta del direttore Riccardo Luna e dopo la selezione di una piccola ma combattiva redazione era stato prodotto un numero zero presentato in giro come prototipo, ma l’attesa era per vedere come sarebbe stato superato il “test edicola”.

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Informazione due punto zero a Roma

Mercoledì  25 febbraio a Roma presso la sede della FNSI si terrà una tavola rotonda sul tema “Informazione duepuntozero, come cambia il giornalismo tra media tradizionali, blog e social network”. All’evento parteciperanno Carlo Baldi e Roberto Zariello gli autori di “Penne Digitali 2.0”, Franco Siddi, Segretario FNSI, Roberto Natale Presidente FNSI, Giuseppe Smorto di Repubblica.it  … Leggi tutto

Wired Italia numero uno: Rita Levi Montalcini in copertina

Da un lancio dell’ Ansa Un magazine sulle grandi idee che  cambiano il mondo, dalla tecnologia alla salute, dall’alimentazione all’ambiente e ai trasporti: si presenta  così, nelle parole del direttore Riccardo Luna, il nuovo  mensile della Condè Nast Wired, che arriverà domani in  edicola nella sua edizione italiana, mentre in contemporanea  sarà lanciato il sito … Leggi tutto