Maurizio Molinari su Lastampa.it
Tre brandelli di tessuto del cervello di Albert Einstein finirono a metà degli anni Ottanta in un barattolo di maionese e gli studi che ne sono scaturiti hanno portato a identificare la verosimile genesi dell’intelligenza della mente più celebre del Novecento. A svelare quanto avvenuto è l’appena pubblicato «The Other Brain» (Simon & Schuster) dello scienziato Doulg Fields completando la ricostruzione degli eventi fatta nel 2000 in «Driving Mr Albert» (Random House) dallo scrittore Michael Paterniti.
A spedire i tre tessuti provenienti dal cervello che mise a punto la teoria della relatività fu Thomas Harvey, il patologo che il 18 aprile 1955 prese parte all’autopsia del corpo di Einstein nell’ospedale di Princeton in New Jersey e decise di non rimettere a posto il cervello del defunto che, come da prassi, aveva prelevato per poterlo esaminare. Harvey ripose il cervello in una scatola di formaldeide convinto di salvare un patrimonio della scienza universale e lo portò con sé attraverso l’America per oltre 30 anni – facendo tappa anche nella casa di un eroinomane in Kansas – fino a quando una scienziata dell’Università di California a Berkeley, Marian Diamond, non gli chiese in maniera assai schietta di poterne esaminare quattro parti. Per tre anni non avvenne nulla, poi un mattino il postino recapitò alla scienziata il barattolo di maionese con i tessuti, che erano solo tre.