I rischi della fusione nucleare a Fukushima

Via Le Scienze

I progettisti della centrale avevano pensato a come evitare un’eventualità del genere. Subito dopo il terremoto, l’impianto di Fukushima si era spento in modo automatico e altre barre, fatte di materiale speciale e indicate come barre di controllo, erano state inserite tra le barre di uranio usate come combustibile. In questo modo si ferma la reazione di fissione, ma c’era un altro problema da affrontare. In un reattore atomico, il calore non è solo sprigionato dalla reazione di fissione, ma anche dal decadimento di elementi chimici radioattivi creati proprio dalla fissione. Dunque fermata la reazione nucleare, si deve affrontare questo calore residuo, piccolo ma significante. Anche in questo caso erano state previste procedure di emergenza, motori diesel per alimentare con acqua l’impianto e quindi evitarne il surriscaldamento, che però la concomitanza di terremoto e tsunami avrebbe messo fuori gioco.

Con la crescita incontrollata della temperatura del reattore, la lega di zirconio che riveste le barre di uranio ha iniziato a fondere, e reagendo con l’acqua ha formato idrogeno, un gas estremamente volatile. E proprio l’idrogeno prodotto in questo modo avrebbe causato l’esplosione all’impianto numero uno di Fukushima, che almeno per ora non sembra a rischio fusione. Ma la crescita della temperatura è un pericolo soprattutto per le barre di combustibile, la cui fusione, secondo la Tepco, potrebbe essere avvenuta nel reattore numero due di Fukushima.

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Bunga Bunga violento made in India

Via Enrica Parlo di Rahul Gandhi, il figlio di Rajiv (primo ministro, assassinato nel 1991), che a sua volta era il figlio di Indira Gandhi (primo ministro, assassinata nel 1984) che a sua volta era la figlia di Jawaharlal Nehru (primo ministro, morto di infarto nel 1964). Questo pupone, Rahul, anno di nascita 1970, membro … Leggi tutto

Lo spettro somalo sulla situazione in Libia

Via Linkiesta

Nella notte la decisione: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità le sanzionicontro la Libia. Mentre il Presidente Usa, Barack Obama, si è detto convinto che Gheddafi, «se ne deve andare ora». Lo spettro è quello di uno scenario simile alla Somalia dove la caduta del regime di Siyad Barre nel 1991 innescò una guerra civile infinita. Ma la debolezza delle istituzioni, a Mogadiscio come a Tripoli, rinvia a qualcosa di più di una semplice coincidenza rispetto al comune dominio coloniale italiano.

Lo spettro è quello di uno scenario simile alla Somalia dove la caduta del regime di Siyad Barre nel 1991 innescò una guerra civile infinita tra i differenti gruppi clanici che sono un tratto distintivo anche della società libica. La debolezza delle istituzioni in Somalia come in Libia rinvia a qualcosa di più di una semplice coincidenza rispetto al comune dominio coloniale italiano.

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