E alla Fine GM non ha ceduto Opel

Il consiglio di amministrazione della General Motors ha deciso di mantenere il controllo della filiale europea Opel/Vauxhal cancellando ogni piano di vendita. La decisione di mantenere Opel da parte del consiglio di amministrazione di General Motors  è stata presa alla luce del miglioramento della situazione della stessa Gm ma anche a un contesto economico più … Leggi tutto

Caselle in caduta libera

Via Vittorio Bertola

Per chi se l’è perso, da ieri mattina l’aeroporto di Torino è bloccato dallo sciopero a oltranza degli operatori dell’handling – in parole povere, quelli che caricano e scaricano le valigie dagli aerei. A Caselle questo lavoro è svolto da due società, che in regime di (molto teorica) concorrenza si dividono gli appalti delle varie compagnie aeree; una è Aviapartner, belga e leader di mercato; l’altra è Sagat Handling, ossia l’aeroporto stesso, che come certamente saprete (almeno se leggete questo blog) è di proprietà a maggioranza degli enti locali con una consistente minoranza di Benetton, che di fatto ne detta le politiche di gestione.

Lo sciopero deriva dalla decisione di Aviapartner di licenziare 24 lavoratori, a fronte del continuo calo del traffico aereo e del fatto prossimo venturo, non ufficiale ma evidente, che, dopo la recente entrata di Air France in Alitalia, alla prima occasione l’appalto dei francesi verrà riunificato con quello degli italiani e passato dunque da Aviapartner a Sagat Handling. La decisione è stata annunciata ad agosto con decorrenza 2 novembre; da allora nessuno ha trovato una soluzione per ricollocare i lavoratori – anzi, a dire il vero, nessuno ci ha nemmeno provato; hanno tutti messo la testa sotto la sabbia – e così, all’ultimo giorno, è partito lo sciopero selvaggio, che ha coinvolto anche i colleghi dell’altra società (prima tutti, poi una parte); sciopero che continua tuttora.

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Bisanzio di carta

Via Dario Salvelli Qualche giorno fa Condè Nast ha annunciato la chiusura di Gourmet Magazine ed altri giornali. Kevin Demaria lavorava in Gourmet ed ha pubblicato Last Days of Gourmet, alcune eloquenti foto sull’ultimo giorno di lavoro in Gourmet. Devo dire che danno un quadro dell’editoria cartacea abbastanza negativo e deprimente ma in fondo reale.

Nascere in Olivetti, morire in Agile

I lavoratori di Agile inviano il loro accorato appello per la tutela dei loro posti di lavoro di fronte a una storia di lavoro tragicamente e classicamente all’italiana.
Questa storia trova luogo proprio in un settore come l’Ict, le telecomunicazione, internet e le professioni della conoscenza in cui ci sarebbe grande bisogno in Itaslia di aziende serie che pensano e investono nel futuro piuttosto che cercare di eliminare nel presente e velocemente i propri lavoratori. Nel silenzio dei media tradizionali troppo impegnati a raccontare storie ritrite che poco hanno a che vedere con il mondo dei fatti reali.

Per approfondimenti: Agile Workers e Lavorare Agile

Nascere in Olivetti, morire in Agile. Questo è il destino di 2100 lavoratori ultimo baluardo della grande IT italiana, per effetto delle nostre leggi che permettono l’utilizzo della cessione di ramo d’azienda come strumento per una facile dismissione di dipendenti.
Chi era in Olivetti si è ritrovato per qualche anno in Getronics, poi in Eutelia; alcuni sono passati anche per una società intermedia, tale EducationLab. Altri ancora sono partiti da Bull, per proseguire sulla stessa strada. Storie differenti che approdano alla stessa drammatica
conclusione.

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Il modello meno che free di Google

Via Bill Curley

Google has long had an interest in maps. Early in its history, the company added “Maps” as one of the coveted tab alternatives offered at the top of the screen above its famed search box. At that time, Google did what many others did to enter the mapping business – they licensed data from the two duopolists that ruled the mapping business – Tele Atlas and NavTeq. Over the years, as these two companies gained more and more power, and larger and larger market capitalizations, Google’s ambitions were growing too. Google wanted to spread its maps across the web, and to allow others to build on top of its mapping API.  The duopolists, recognizing a fox in the henhouse, were apprehensive to allow such activity.

In the summer of 2007, excitement regarding the criticality of map data (specifically turn-by-turn navigation data) reached a fever pitch.  On July 23, 2007, TomTom, the leading portable GPS device maker, agreed to buy Tele Atlas for US$2.7 billion. Shortly thereafter, on October 1, Nokia agreed to buy NavTeq for a cool US$8.1 billion. Meanwhile Google was still evolving its strategy and no longer wanted to be limited by the terms of its two contracts. As such, they informed Tele Atlas and NavTeq that they wanted to modify their license terms to allow more liberty with respect to syndication and proliferation. NavTeq balked, and in September of 2008 Google quietly dropped NavTeq, moving to just one partner for its core mapping data. Tele Atlas eventually agreed to the term modifications, but perhaps they should have sensed something bigger at play.

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L’unico aiuto che serve al giornalismo è la larghezza di banda

Via Dan Gilmore Robert W. McChesney and John Nichols believe that “journalists deserve subsidies, too.” They argue that America is “nearing a point where we will no longer have more than minimal resources (relative to the nation’s size) dedicated to reporting the news. There’s every reason to dispute their woe-is-us assumption. There’s even more reason … Leggi tutto

Il possibile futuro dei media digitali in una immagine

Via Techcrunch Ammettendo che il futuro dei media on-line sia il passaggio al pagamento dei contenuti, Apple con il suo Apple Store è la leader mondiale nei micro o macro pagementi dei contenuti. Per questo l’immagine di Techcrunc rende decisamente l’idea del possibile e ncessario passaggio.

I furbetti piemontesi con residenza all’estero

Via repubblica.it

Hanno la residenza a Montecarlo, in Svizzera, o in tutti quei “paradisi” dove la pressione fiscale è ben diversa da quella italiana: tanti piemontesi sfuggono alle tasse italiane. E ora l´agenzia delle entrate concentra l´attenzione su di loro per capire se la residenza che hanno indicato sia reale o fittizia: sono ben 2023 i cittadini “sospetti” che hanno ufficialmente abbandonato il Piemonte per l´estero, e 930 in particolare i torinesi. Anche Cuneo ha perso diversi residenti, 403 in tutto, mentre gli ex abitanti ad Alessandria e ora cittadini del mondo sono 209.

Ma si tratta davvero di persone che abitano a Monaco o in Svizzera, o alle isole Cayman? Oppure anche loro hanno utilizzato un escamotage per eludere il fisco italiano, come gli sportivi e gli artisti famosi noti alle cronache (da Valentino Rossi ad Alberto Tomba, da Luciano Pavarotti ad Andrea Bocelli, per citare alcuni di quelli che, “pizzicati” dai controlli avevano poi scelto di patteggiare)? Per ora l´inchiesta è solo all´inizio, ma i dubbi ci sono, e sono tanti. La direzione regionale e gli uffici dell´agenzia delle Entrate stanno facendo controlli a tappeto per capire, posizione per posizione, quale sia la realtà dei fatti. E le verifiche sono attente e capillari.

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Il CSI fa gola (a chi ?)

Rovaris risponde alle critiche al CSI Piemonte

Leggo che il centrodestra è pronto a smembrare il Csi Piemonte, apprendo delle preoccupazioni del centrosinistra che, comunque, parla di mancanza di strategia e mi domando: perché? Il consorzio va bene, economicamente e produttivamente. Tutto si fonda sull’errata premessa che il Csi sia in crisi. Non è così. Forse la congiuntura tra elezioni politiche e il rinnovo del direttore generale sta agitando un po’ troppo la politica. Il consorzio è un bel boccone e qualcuno potrebbe farci dei soldi scardinandolo e rivendendolo sul mercato».

Renzo Rovaris, direttore generale del Csi Piemonte fin dalla sua istituzione nel 1977, non ci sta a fare da bersaglio. Soprattutto non vuole che la sua creatura sia trattata come tale. Le critiche piovute nei giorni scorsi non lo scompongono. «Il capogruppo di Forza Italia-Pdl in Regione, Angelo Burzi, dice che siamo indietro di dieci anni. Allora spieghi perché l’anno scorso abbiamo preso sette premi dal ministro della sua maggioranza Renato Brunetta e perché anche quest’anno ne abbiamo presi cinque», dice Rovaris.

Certo, quel documento della Booz&Co che ha analizzato i costi riducibili del consorzio su mandato dello stesso Rovaris, proprio non ci voleva che finisse sui tavoli del Consiglio regionale. «Si tratta di migliorie che stiamo già attuando – spiega Rovaris -. Tra l’altro l’analisi di Booz&Co ci sembra un po’ eccessiva. Calcolano tagli compresi tra i 25 e i 34 milioni per restare sul mercato. Noi siamo convinti che 10-12 basteranno: 2 li abbiamo recuperati da maggio, altri 5 il prossimo anno, una dozzina nei prossimi due».

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Solite bufere sul CSI Piemonte

Prima Beppe Minello su Lastampa

Chi, per i motivi più diversi, confida nel fatto che al Csi l’era-Rovaris stia volgendo al termine è meglio che rifaccia i suoi conti. Tra i 570 aspiranti all’incarico di direttore generale c’è anche Rovaris che su quella poltrona siede ininterrottamente da oltre 30 anni, da quando il Consorzio informatico lanciava i primi vagiti. «Invece di fare una selezione ad evidenza pubblica come ha deciso il cda forse sarebbe stato sufficiente ipotizzare un paio d’anni durante i quali affiancare ed accompagnare il successore…» ha commentato Rovaris a margine di una conferenza stampa durante la quale lui e il presidente Francesco Brizio hanno ribattuto punto su punto a tutte le accuse piovute addosso al Csi in questi mesi, in particolare dal vicepresidente della Sala Rossa, Michele Coppola (Fi-Pdl) e dal capogruppo in Regione dello stesso partito, Burzi.

Poi Rapahel Zanotti sempre su La Stampa

Ci sono tre motivi per cui il Csi Piemonte è diventato, negli ultimi tempi, zona di guerra. Uno: siamo a fine legislatura e il consorzio regionale, che offre sistemi informatici e servizi alle amministrazioni pubbliche, è un ottimo bacino di voti visti i suoi 1200 addetti. Due: Renzo Rovaris, il direttore generale che guida il consorzio dalla sua nascita, oltre trent’anni, è in parabola discendente. L’assessore regionale all’Innovazione Andrea Bairati ha deciso che era ora di cambiare. Tre: è in scadenza la convenzione con la Regione. Questo significa nuovi equilibri del consorzio con il suo maggior cliente che rappresenta, da solo, il 65% dei ricavi.
Non stupisce, dunque, che attorno a questo centro di potere si muovano gli appetiti di molti. C’è però un dato incontrovertibile che fa da sfondo e su cui tutti, indistintamente, dovranno fare i conti: il Csi Piemonte è diventato un pachiderma che fagocita milioni di euro, nonostante il suo bilancio risulti comunque in attivo.

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