Lunedì 24 gennaio 2011, dalle ore 10 alle ore 17, presso l’ Auditorium Quazza di Palazzo Nuovo, avrà luogo la Tavola Rotonda Produrre media
oggi. Convergenza tra istituzioni e realtà economiche.
Economia
Il Fatto Quotidiano ha fatto utili per 10 milioni di euro nel 2010 e li ha divisi fra i dipendenti
Alla faccia di chi dice che lanciare un nuovo giornale non può anche essere un buon sogno imprenditoriale. Occorre fare un buon giornale ed essere giornalisti e non servi degli editori. Via PolisBlog Il Fatto quotidiano, il giornale diretto di Padellaro, Travaglio e Gomez (a cui va aggiunta una bella e agguerrita squadra di giornalisti), … Leggi tutto
Il Corriere vuole assumere nuovi giornalisti con concorsi sulla Rete
L’Idea è intelligente: sarà interessante capire come reagiranno i giornalisti del Corriere, che è comunque un giornale con una redazione seria e a molte voci. Sarebbe bello vedere che reazione avrebbe una proposta del genere in redazioni mono tone comandate da ras e da principini che si sentono immortali e che non amano la trasparenza. Peccato che De Bortoli sostenga che “a questi giovani debbano essere offerti contratti meno vantaggiosi dei vostri. Ma non arbitrariamente. Applicando semplicemente il contratto nazionale”. (dal discorso di De Bortoli alla redazione via Il Post)
Chi parla poi del tentativo di trasformare la redazione in una redazione low cost è in assoluta malafede. Se non cambieremo, diventeremo rapidamente obsoleti e inutili. Oggi abbiamo ancora la possibilità di governare questo processo, fra qualche anno dubito molto. Vogliamo assumere giovani talenti. Lo vogliamo fare con concorsi sulla Rete. Ne vogliamo assumere uno al mese. Certo, pensiamo che a questi giovani debbano essere offerti contratti meno vantaggiosi dei vostri. Ma non arbitrariamente. Applicando semplicemente il contratto nazionale. Con i costi redazionali previsti dalla normativa nazionale possiamo investire in nuove iniziative; con i costi quasi doppi del Corriere no. Con i costi del Corriere le edizioni locali non starebbero in piedi. Non si sarebbero mai fatte.
Il contrattacco di De Bortoli al Corriere
De Bortoli ha deciso di rispondere all’attacco ricevuto da una parte degli azionisti del Corriere Via Il Fatto Quotidiano
Al Corriere della Sera il direttore Ferruccio de Bortoli reagisce alle pressioni dei suoi azionisti, Fiat in testa, e denuncia “assai seri fatti accaduti recentemente, in casa nostra”. Ai giornalisti che ascoltavano la comunicazione del direttore in un incontro che si è tenuto ieri in via Solferino (con la redazione romana in collegamento) è parso evidente il riferimento alla lettera di protesta partita da John Elkann (casus belli gli articoli critici di Massimo Mucchetti), presidente di Fiat e secondo azionista della Rcs, che due giorni fa è anche andato di persona nella sede del giornale.
De Bortoli se la prende con un “establishment economico e finanziario [che] mostra di gradire poco le voci libere e le critiche: preferisce gli amici e i maggiordomi”. E nel consiglio di amministrazione della Rcs Quotidiani, che edita il Corriere, i membri dell’establishment ci sono tutti: da Cesare Geronzi a Giovanni Bazoli a Diego Della Valle e Marco Tronchetti Provera. Il direttore, tornato a guidare il giornale nel 2009 grazie soprattutto all’accordo tra Bazoli e Geronzi, sceglie di legare i suoi due problemi principali: i rapporti con la proprietà e la riorganizzazione del giornale, che è ancora in stato di crisi, chiedendo ai giornalisti di votare in un referendum “sul piano editoriale, sul piano di mediazione e sulla fiducia al direttore”. Se vince, sarà più forte davanti alla proprietà e potrà attuare il piano di riordino del Corriere, se perde lascia. Una prova di forza che, stando alle parole del direttore, sembra indispensabile. Ma che a molti redattori ricorda il “ricatto” denunciato dalla Fiom a Mirafiori, nel referendum chiesto da Sergio Marchionne.
I tre di Google si riorganizzano
Dal Blog di Google For the last 10 years, we have all been equally involved in making decisions. This triumvirate approach has real benefits in terms of shared wisdom, and we will continue to discuss the big decisions among the three of us. But we have also agreed to clarify our individual roles so there’s … Leggi tutto
Public domain day 2011 a Torino
Il centro NEXA su Internet & Società del Politecnico di Torino ha organizzato sotto la Mole per sabato 22 gennaio un momento in cui celebrare la disponibilità e la liberazione di una fetta di cultura dai vincoli del diritto d’autore. Un’attenzione particolare sarà dedicata a due grandi autori scomparsi nel 1940: Vito Volterra, grande matematico … Leggi tutto
Si torna a far soldi con l’ iPad. O no
Andrea Fama via LSDI La tavoletta ridarà agli editori la speranza di tornare a far cassa con l’ informazione? Se Ken Doctor (NiemanLab) sostiene che la ‘’rivoluzione dell’ iPad è ormai imminente’’ e le proiezioni per il 2011-2012 parlano di 70 milioni di unità vendute solo negli Usa, qualcuno comincia a chiedersi: da dove viene … Leggi tutto
Nel refererendum dei lavoratori Fiat a Mirafiori ha vinto il sì dopo un lungo testa a testa
Il referendum fra i lavoratori del Lingotto per la ratifica dell’accordo con Fiat ha visto vincere il Si di poche centinaia di voti. Quando manca ancora lo scrutinio di un seggio, sospeso per il malore di uno scrutatore, il Si sta vincendo con il 54% contro il 46% del No. Le operazioni di scrutinio iniziate … Leggi tutto
Tremonti l’editorialista seriale
L’uso di Internet e Google rendo più succosa questa storia. Dal Fatto Quotidiano Il fenomeno si ripete con una frequenza ormai quasi settimanale: il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si profonde in meditazioni sulla globalizzazione, riciclando sempre le stesse metafore (“la crisi è un videogame”) e i giornali, con la memoria dei pesci rossi, ci fanno … Leggi tutto
Le relazioni industriali dopo Marchionne
L’accordo alla Fiat voluto da Sergio Marchionne pone fine al contratto nazionale di lavoro che aveva caratterizzato le relazioni industriali di questo dopoguerra e supera di fatto l’accordo del 1993 che aveva consentito di battere l’inflazione e di far entrare l’Italia nell’euro. L’accordo di Mirafiori rappresenta il primo contratto aziendale che viene a sostituire quello nazionale. Se anche qualche azienda della filiera dell’auto dovesse successivamente agganciarsi all’accordo, non per questo esso tornerebbe a essere un contratto nazionale. Ed è da prevedere che altre grandi aziende si avvieranno su questa strada. Già nei giorni scorsi Fincantieri ha denunciato il suo disagio con il contratto di lavoro e con l’assistenza della Confindustria in alcune provincie.
C’è una logica in questa tendenza. Le grandi imprese sono sempre meno interessate al mercato nazionale e guardano ai mercati internazionali. Inoltre, il riferimento settoriale con cui si costruiscono i contratti di lavoro sta tramontando. Le imprese sono interessate più ai mercati di sbocco che alle classificazioni settoriali di natura merceologica. Si delinea così un quadro di relazioni industriali dove saranno le singole imprese a decidere se far ricorso a un contratto aziendale o se applicare il contratto nazionale. Quest’ultimo finirà per essere essenzialmente il contratto delle piccole imprese, ossia di quelle aziende che pensano di non avere strumenti per negoziare un contratto autonomo. Sono anche imprese che non vedono di buon occhio lo svilupparsi di una concorrenza attraverso contratti differenziati per accaparrarsi i migliori lavoratori. Proprio per evitare una tale concorrenza, alcune di esse faranno ricorso a contratti territoriali. Il contratto nazionale costituirà una sorta di base minima per i contratti aziendali, anche se con il passare del tempo sono prevedibili differenze sostanziali che finiranno per renderne difficile la comparazione.
In Europa la freepress vale più che la stampa a pagamento
Via LSDI In due paesi europei – Islanda e Lussemburgo – la diffusione dei quotidiani gratuiti è superiore a quella dei giornali a pagamento nei giorni feriali. Seguono Macedonia, Italia e Portogallo, dove la copertura della free press oscilla fra il 40 e il 50% (l’ Italia, in particolare è al 42%). In 18 paesi … Leggi tutto
Le scelte dei giornali inglesi
Il Post riprende in italiano un utilissimo articolo dell’Econnomist
1. Ci sono ben 9 quotidiani nazionali che vendono più di 200 mila copie
2. I tabloid Daily Mirror e Daily Express hanno perso circa due terzi della loro diffusione dalla metà degli anni Ottanta.
3. La pubblicità si è spostata online più rapidamente che negli altri paesi: già nel 2009 erano stati spesi più soldi in pubblicità online che sulla carta
4. I giornali britannici non ricevono contributi statali, a differenza da quelli francesi o italiani
5. E hanno invece un’agguerrita concorrenza da parte del ricco servizio pubblico della BBCLa prima strada per affrontare i tempi nuovi è quella, ampiamente dibattuta, del gruppo News Corporation di Rupert Murdoch: informazione online a pagamento. I giornali sono quattro: Times, Sunday Times, Sun, News of the World. A differenza dal Wall Street Journal, il Times non offre nessun contenuto gratuito: è tutto dietro “paywall” a 2 sterline alla settimana (il giornale di carta ne costa una).