Diffamazione a mezzo FacciaLibro

Due eventi simili, segno dei tempi

Il primo

Un imprenditore ha presentato querela per diffamazione nei confronti di un ex collaboratore per insulti riportati sulla bacheca del profilo personale di facebook. Il caso in esame è stato riportato dalla rivista on line La voce e costituisce un caso di scuola che seguiremo dal blog. ecco la fonte della notizia:  articolo della giornalista Dott.ssa Roberta Verduci. Il caso in esame solleva alcuni interrogativi: cosa si può fare nei casi di diffamazione on line ? come dimostrare e quantificare il danno all’immagine patito ? come tutelarsi?

Una delle prime cose da fare è non perdere la calma; stampare e documentare le frasi in oggetto; disabilitare la funzione che permette di scrivere sulla bacheca telematica e di estrapolare i profili; segnalare il caso a facebook; scrivere alla persona che insulta di desistere dall’attività e rappresentare alla stessa di avere segnalato il caso alle autorità competenti tramite un legale; depennare la persona dal proprio contatto; inviare mail informativa generake di notifica ai propri contatti comuni al soggetto che vi insuta.

Il secondo

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Una pietra tombale sulla class action retroattiva

Via Lastampa.it

La Class action sarà introdotta senza valore retroattivo. «C’è un emendamento in questo senso del senatore Alberto Balboni (Pdl, ndr)», riferisce il relatore al disegno di legge sviluppo, Antonio Paravia (Pdl) a margine dei lavori in senato. Secondo il testo del ddl uscito dalla commissione industria sono possibili azioni di classi contro frodi messe in atto a partire dal luglio 2008. Con l’emendamento della maggioranza si cancellerebbe anche questa breve retroattività.

L’azione di classe arriverà in Italia ma varrà solo per gli illeciti che verranno commessi dopo l’approvazione del Collegato Sviluppo, ora all’esame del Senato e che comunque vedrà un altro passaggio alla Camera. L’ennesimo rinvio è sancito da un emendamento della maggioranza (a firmarlo è Alberto Balboni del Pdl) al disegno di legge Sviluppo che contiene norme sull’energia e il nucleare e sulla competitività delle imprese italiane. La proposta di modifica deve avere ancora l’ok dell’Aula di Palazzo Madama, che ha cominciato a votare gli emendamenti al ddl oggi pomeriggio, ma sembra evidente che su questa proposta dovrebbe convergere il sì di gran parte della maggioranza «perchè la retroattività delle norme giuridiche – commenta il relatore Antonio Paravia del Pdl – è sempre molto difficile da accettare».

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La dittatura di Facebook

Via Valerio Mariani

Il problema è serio. Facebook è una dittatura. Nessuno sa ufficialmente il perché le entità segrete che vivono quasi in clandestinità a Palo Alto, in California, eseguono gli ordini di un venticinquenne molto fortunato, e certamente molto intelligente, senza chiedersi il perché, senza fornire un perché, senza pubblicare, magari in italiano o in tutte le lingue del mondo, un codice di comportamento preciso ed esente da dubbi e contraddizioni.

È un problema serio. E non riguarda solo Facebook ma tante realtà del web, e forse non solo, nate dalla mente di questi, certamente geniali, babyboomers americani che un giorno inventano un servizio innovativo, raggiungono un successo assolutamente virtuale, non confortato da ricavi in soldi veri o da un business plan benché minimo che risponda a questa semplice domanda: come faccio a far quadrare i conti?

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Un paese a decrescente libertà di stampa

Il rapporto di Freedomhouse retrocede l’Italia

Via Corriere

L’Italia è l’unico Paese europeo a essere retrocesso nell’ultimo anno dalla categoria dei «Paesi con stampa libera» a quella dei Paesi dove la libertà di stampa è «parziale». La causa: la «situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati». Lo afferma in un rapporto Freedom House, un’organizzazione non-profit e indipendente fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e la libertà nel mondo, la cui prima presidente fu la first lady Eleanor Roosevelt. Lo studio viene presentato venerdì al News Museum di Washington e sarà accompagnato da un live web cast che si potrà scaricare sul sito Freedomhouse.org.

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Il «problema principale dell’Italia», secondo Karin Karlekar, la ricercatrice che ha guidato lo studio, è Berlusconi. «Il suo ritorno nel 2008 al posto di premier ha risvegliato i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida», spiega. Altri fattori: l’abuso di denunce per diffamazione contro i giornalisti e l’escalation di intimidazioni fisiche da parte del crimine organizzato. Intanto giovedì il Committee to Protect Journalists, un’organizzazione non-profit che lavora per salvaguardare la libertà di stampa nel mondo, ha pubblicato la top ten dei peggiori Paesi al mondo per i blogger. La Birmania guida la lista, seguita da Iran, Siria, Cuba e Arabia Saudita. Sesto il Vietnam, seguito a ruota da Tunisia, Cina, Turkmenistan ed Egitto.

Via Repubblica

La libertà di stampa si sta riducendo in tutto il mondo, e l’Italia non è esente da questa forma di degrado. Nel rapporto 2009 di Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo), infatti il nostro Paese viene declassato per la prima volta da Paese ‘libero’ (free) a ‘parzialmente libero’ (partly free), unico caso nell’Europa Occidentale insieme alla Turchia.

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A Torino non si può riprendere il Consiglio Comunale

L’incivile avventura di Vittorio Bertola al Consiglio Comunale di Torino Sono arrivato alle 16 e delle (peraltro gentilissime) signore all’ingresso mi hanno fatto attendere fino alle 16,45, perché non si può entrare prima che la seduta sia ufficialmente aperta (non sia mai che il pubblico veda qualche compromettente chiacchierata preliminare). Poi mi hanno fatto salire, … Leggi tutto

Gli ecoincentivi per le biciclette

Via I Vostri Soldi Dopo quelli per le automobili, sono ufficialmente disponibili gli incentivi, anche senza obbligo di rottamazione, per l’acquisto di biciclette e di ciclomotori. A darne notizia è l’ANCMA, Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori, in scia ai fondi, pari a 8,75 milioni di euro, stanziati dal Ministero dell’Ambiente. In questo modo, dopo gli … Leggi tutto

Slow Food è razzista ?

Via Gastronomade

Scrivere che i negozi che vendono kebab sono: “Centri di spaccio e di riciclaggio di denaro sporco…“, oltre che ad una gravissima affermazione diffamante, non ha nulla a che vedere con una critica sulla qualità delle materie prime e sul rispetto delle norme haccp dei kebabbari.” E’ razzismo e basta!

Devo purtroppo anche comunicarti che, con mia grande sorpresa, sono state molto più numerose le email che ho ricevuto che ricalcavano le posizioni di Giordano, piuttosto che quelle che prendevano le distanze dalle sue affermazioni.

Credo che su questo fenomeno “dell’intolleranza alimentare”, evidentemente tutt’altro che isolato all’interno del variegato universo dei “fiduciari”, sia opportuno avviare una riflessione, poiché questo genere di posizioni “estremiste” rischiano d’invalidare nei fatti, sul terreno, le buone intenzioni di Carlin Petrini ed i “Manifesti” ideali di eventi come Terra Madre.

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Non perseguibile per complessità giuridico-tecnica

Il processo per le violazioni industriali della security Telecom dei tempi di Tronchetti Provera rischia di non potersi celebrare per la necessità di realizzare 5000 udienze per esaminare gli sterminati verbali delle intercettazioni. Ora per farla franca in Italia basta fare un reato troppo complesso o troppo diffuso. Paolo Colonnello su Lastampa

Non so come si farà a celebrare questo processo…». Dice così il gip dell`inchiesta Telecom, Giuseppe Gennari, mentre si rigira tra le mani lo scarno comunicato della Corte Costituzionale che lo obbligherà, prima di distruggerli, a esaminare insieme con difese, parti civili e accusa, le migliaia di dossier illegali trovati durante l`inchiesta sullo spionaggio Telecom.

Scuote la testa anche il giudice dell`udienza preliminare, Mariolina Panasiti, appena riemersa dal l`aula magna nella quale sono sfilate oltre trecento parti civili: «Per ora vado avanti ma è una strada in salita…». Dietro i giri di parole il messaggio è chiarissimo: il processo Telecom, così come lo abbiamo conosciuto in tre anni d`inchiesta, con i suoi misteri, le sue spie, i suoi giochi di potere e le sue guerre internazionali, non esisterà più.

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