Fabio Pozzo
Con il decreto anticrisi il governo finanzia la privatizzazione della Tirrenia con 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011. L’operazione, che rientra nel più ampio quadro della liberalizzazione del cabotaggio in Italia imposta dalla Ue, dovrebbe andare in porto nel 2012. Dovrebbe, perché «sulle prospettive del gruppo permane un clima di incertezza che non giova all’esigenza di definire in tempi rapidi» tale processo. Anzi, tutta la vicenda, compreso il passaggio alle Regioni delle quattro compagnie controllate, che coprono i collegamenti con le isole minori, «si trova in una situazione di stallo che non offre prospettive di possibile soluzione in tempi brevi».
A scriverlo è la Corte dei Conti, nella sua relazione sulla gestione finanziaria delle società per gli esercizi dal 2003 al 2007. Un documento che passa ai «raggi X» l’amministrazione dell’eterno Franco Pecorini, l’Ad che dal 1984 e 18 governi guida la compagnia pubblica, tra le più grandi d’Europa, controllata al 100% da Fintecnica. E quindi, dal Tesoro. La conclusione? «L’enorme esposizione debitoria, prevalentemente nei confronti degli istituti di credito, oltre a generare notevoli interessi passivi, dimostra scarsa potenzialità dell’impresa a creare risorse finanziarie per garantire nel tempo l’equilibrio di bilancio». Un equilibrio che probabilmente avrebbe già fatto «splash» se il governo non avesse lanciato la ciambella di salvataggio. «Il risultato d’esercizio non può non essere influenzato dai contributi erogati dallo Stato…» riconoscono i giudici contabili.
La ruggine. Il nemico del traghetto superveloce Taurus, l’orgoglio della flotta Tirrenia, non sono le onde, perché la sua prua affilata non se le ricorda nemmeno più. Al massimo gli arriva l’eco delle mareggiate che si insinua tra i moli del porto di Genova e fa oscillare la nave di qualche centimetro. Il Taurus è fermo da anni. Entrato in servizio nel 1998, dopo appena qualche stagione di gloria è stato abbandonato in un molo defilato. Una nave nuova condannata a essere mangiata dal salino. A Genova nessuno o quasi si ricorda del Taurus, perso tra traghetti in riparazione e ferrivecchi in demolizione. Una delle centinaia di navi ormeggiate nel porto, città nella città, con una superficie pari quasi a quella dell’altra Genova.