Una ventata di poesia da Alessandra Comazzi e Marco Paolini
Il vero miracolo di Natale, posticipato a Capodanno, è stato questo: che una prima serata sia potuta andare in onda, ancorché su una rete defilata e con dichiarati problemi economici, senza gli spot. La macchina del capo si intitolava quello squisito spettacolo di poesia pura, in onda l’altra sera su La7. C’era Marco Paolini che faceva il suo teatro, in diretta e senza interruzioni pubblicitarie, dall’ex tribunale di Padova, scenografia di grande suggestione, illuminata e cangiante. Dice la filastrocca: «La macchina del capo ha un buco nella gomma, ripariamola col chewing-gum». Poi, ogni volta che si canta, una parola viene sostituita con un suono e un gesto, arrivando a: «La brum del mmm (fare saluto militare) ha un pss nella mmm (mimare la forma della ruota), ripariamola col gnam-gnam-gnam». Il vecchio motivo che dà il titolo alla rappresentazione è stato accennato da Paolini, cantastorie, anzi, contastorie d’Italia. Perché nel suo teatro lui racconta il Paese, nelle tragedie, ma anche nella vita quotidiana di un gruppo di bambino degli Anni ’60, la generazione sua e di tanti fra noi. E per noi, e per fortuna, «il difficile è scancellare»: i campetti, le suore, le colonie marine, la carta assorbente. Tenendo conto che i piedi delle Alpi non puzzano. E’ grande, Paolini: conosce la potenza della tv, non la snobba a prescindere. Ci va soltanto se può fare spettacolo come a lui sembra più opportuno.