Luca Ricolfi intervista Montezemolo su Lastampa.it
Dal suo osservatorio che crisi è questa? Che ripercussioni avrà sull’economia? E’ d’accordo con chi prevede che la ripresa arriverà a fine 2009? La mia impressione è che si tratti di una stima al momento ottimistica.
«E’ troppo presto per dire cosa accadrà e come cambierà il mondo. Di certo la crisi è strutturale e sarà ancora molto lunga. Fino ad ora ne abbiamo sperimentato soprattutto gli effetti finanziari e solo le prime ricadute che avrà sull’economia reale e sui consumi. Quel che conta è ricordarsi la lezione di Roosevelt: “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”. E occorre avere fiducia, anzi farla diventare una malattia contagiosa».
Che intende quando parla di un mondo che cambia?
«La lunga fase espansiva che abbiamo vissuto ha provocato distorsioni che ora vengono corrette in modo traumatico. E’ accaduto in passato e accadrà ancora. I momenti in cui preoccuparsi di più sono quelli di boom borsistico e facili guadagni, che ciclicamente coincidono con una fase di degenerazione del capitalismo. I momenti di crisi sono quelli in cui il capitalismo si rigenera. Finisce l’eccessivo ricorso alla leva finanziaria, tornano a prevalere i fondamentali, la fabbrica, il lavoro di chi sa innovare e rischiare. Noi imprenditori abbiamo il dovere di continuare a credere nel Paese, tenere i nervi saldi, investire con maggiori mezzi propri, perché le imprese sono troppo poco capitalizzate. Altro che fine del capitalismo, questo è il capitalismo sano».Ma di chi è la colpa di quanto accaduto? Ci sarà pur qualcuno che dovrà pagare.
«Attenzione, sarebbe sbagliato mettere l’industria contro la finanza, ma bisogna dire le cose come stanno: i mutamenti riguarderanno anzitutto il settore creditizio, dove l’ingordigia e la speculazione, soprattutto americana, hanno prodotto la distruzione di risorse che cittadini ed imprese gli avevano affidato. Speriamo si chiuda definitivamente la stagione della finanza creativa – nel pubblico e nel privato – e delle ricchezze costruite sulla speculazione».