Daniele Minotti sulla sentenza su Carlo Ruta
La sentenza che ha condannato Carlo Ruta per stampa clandestina fa discutere.
…Inizio col dire che mi riprometto un più approfondito studio del provvedimento. Dietro la vicenda (segnalo questi ulteriori materiali che potranno una visione più ampia della cosa) c’è un intreccio complessissimo di norme, giurisprudenza e opinioni dottrinali. Insomma, il nodo non si può sciogliere con un argomento secco.
Già nei commenti al post precedente sono emersi dei buchi, ma mi permetto di ribadire:
– che chi si aspettava una sentenza motivata un po’ “alla buona” come quella di Aosta (ed io ero tra questi) si è sbagliato di grosso;
– che la legge, come detto da alcuni (es. Guido Scorza) è ambigua (e mi permetto di ricordare che è una cosa che dico anch’io, da tempo).
Malgrado ciò, a differenza di altri, non mi sento di dire che siamo tutti blogger clandestini, eventualmente fiero di appartenere a detta categoria. Uno dei passaggi, in fatto, fondamentali è la negazione della natura di blog. Il giudice disserta diversamente, ma la prova sta nella visione del sito. Dove? Ma su Webarchive, ovviamente. Pure io ci sono cascato titolando per Penale.it (ho corretto).
Fatto sta, però, che la cosa, pur significativa dal punto di vista sociale, non rimescola le questioni giuridiche sul tappeto. Dunque, lasciamo da parte il blog-lamento. Rischia di sviarci. La sentenza, pur articolata, appare debole (i commentatori, come detto, hanno già evidenziato alcuni punti molto deboli), ma, appunto, la blogosfera non c’entra.