Con il deposito degli atti processuali finisce la prima fase di una incniesta inquietante che mischia servizi segreti, criminali comuni e terroristi internazionali, aziende di tlc e politici, criminali informatici e persone comuni. A leggere le analisi dei fatti si rimane un po’ straniti dai racconti e dalle interpretazioni contrastanti …
La Procura di Milano indaga per corruzione le società Telecom e Pirelli, non chi è stato sino a poco tempo l’azionista di riferimento dell’una ed è presidente dell’altra, Marco Tronchetti Provera: la fotografia dell’esito finale di 3 anni di inchiesta sul dossieraggio illegale praticato dalla Security aziendale di Giuliano Tavaroli arriva indirettamente dall’esito dall’interrogatorio che, in gran segreto, alla fine di giugno i pm sono riusciti a far passare inosservato a tutti, benché svolto quasi sotto il naso di tutti: nella palazzina della polizia giudiziaria in piazzetta Umanitaria accanto al Tribunale, nell’orario lavorativo d’un giorno feriale dell’ultima settimana del mese.
“Quando Pirelli acquisisce Telecom Italia, agosto 2001, Marco Tronchetti Provera mi annuncia: “Lei verrà con me a Roma”. Poi mi chiama Carlo Buora. Lo incontro a Milano in trasferimento dalla montagna al mare – ero in vacanza con i miei – e quello mi dice che non se ne fa più nulla. Mi spiega: “Contrordine, lei resterà in Pirelli, Enrico Bondi (all’epoca, amministratore delegato) vuole con sé in Telecom un altro. Naturalmente ne parlo con Tronchetti Provera che mi rassicura: “Lei si occuperà delle mie cose romane”. Le sue “cose romane” erano i suoi guai romani. E c’erano guai dappertutto, in quel momento”.
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Questo era il mio lavoro: creare una rete di protezione personale intorno a Tronchetti e di sicurezza per l’azienda, rimuovere le inimicizie preconcette, le ostilità, il malanimo, le presunte incompatibilità. Non è sempre affare per deboli di stomaco. Ecco che cosa intendo quando dico che il perimetro della security si era di molto allargato. Ecco che cosa intendeva Marco Tronchetti Provera quando mi diceva: “Le abbiamo chiesto troppo”.Il caso Tavaroli è arrivato alla prima tappa: già da domani, infatti, i Pm di Milano dovrebbero depositare gli atti di chiusura delle indagini sui dossier illegali di Telecom Italia. Secondo le prime indiscrezioni, la Procura non ha mosso alcun addebito contro l’ex presidente di Telecom Marco Tronchetti Provera e contro l’ex amministratore delegato Carlo Buora, mentre le due società risulterebbero indagate per la violazione della legge 231. Una lunga serie di reati sono stati invece contestati a 34 persone, accusate a vario titolo di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere al cui vertice c’era l’ex capo della security Giuliano Tavaroli.
Qual è la verità di Giuliano Tavaroli? Quella raccontata in Procura, dove i vertici di Telecom sembravano non avere mai la consapevolezza di quanto il loro capo della sicurezza combinava con amici investigatori e dei servizi? O quella ripetuta ai giornali in varie interviste dove invece l’ex presidente Marco Tronchetti Provera e l’ex ad Carlo Buora vengono descritti come i committenti della sua attività di spionaggio illegale?
A quale Tavaroli bisogna credere? «Ognuno scelga quello che vuole. Di certo non ho intenzione di accettare il ruolo di capro espiatorio», risponde al telefono l’ex capo della Security. «Posso dire soltanto che qualcuno sembra essersi dimenticato che nel nostro Paese la prova si forma in tribunale e non soltanto nelle carte delle indagini. Altrimenti non vale niente.
Per capirne di più il pensiero di Gigi Tagliapietra e Stefano Quintarelli
Se siete inquieti date una occhiata alla lista degli intercettati