La gloria, l’internet, i blog

Marco Giacosa analizza la situazione

Il problema è che mi interessano troppi fenomeni. E qualche Fenomeno. E ho poco tempo. Quindi butto lì alcune riflessioni, ispirato da questo scritto di Irene.

1) Luca Luciani è un Fenomeno creato da internet. Non è diventato famoso al grande pubblico per le sue qualità manageriali, sebbene certamente godesse di una buona fama tra gli addetti ai lavori. Youtube, internet, blog: poi Striscia la Notizia, La Stampa, Il Corriere della Sera. Ma questo è un caso ancora raro.

2) Internet è sfruttato al minimo rispetto alle sue potenzialità. Quando useremo il pc come l’attuale televisore, allora la società sarà cambiata e non ce ne saremo accorti. O forse si. O forse qualcuno se ne sta accorgendo, non so. (Qui sarebbe bello fornire qualche dato sugli investimenti pubblicitari sulla rete: sono aumentati? Tanto? Poco? E’ importante il tasso di crescita, più del valore assoluto). Arrivare a casa, levarsi la giacca, gettare il maglione, accendere il pc e lasciarlo lì, acceso, da consultare o usare come oggi si fa col televideo, ma con miliardi di possibilità che il televideo non offre. Quanto siamo lontani?


3) I blog, come li intende la maggior parte degli stessi blogger, non contano niente. La c.d. blogstar è un’invenzione della nicchia. Il blogger noto non diviene maker opinion in quanto blogger, ma in quanto persona dotata di un certo talento. Che lo esprima attraverso il blog, o attraverso scritti su giornali, o attraverso conferenze, o libri, è uguale. Per citare una persona che la maggior parte di chi legge questo scritto conosce, Vittorio Pasteris non è un blogger: è un tecnico, un eclettico esperto anche di blog, che tra le altre cose ha un blog in cui scrive cose ritenute interessanti da un buon numero di persone, me compreso. Per essere ritenute interessanti, le cose scritte devono dare qualcosa, fornire un valore aggiunto. Dare qualcosa costa: in termini di fatica, tempo, lavoro, risultato. Ovvero investimento: per oltrepassare la barriera delle conoscenze, della cerchia di amici, per arrivare al pubblico ignoto devi spendere. Oppure fare un mestiere in cui vieni a contatto con notizie e informazioni che il pubblico richiede, nuove o quasi: Vittorio, per dire, è a diretto e quotidiano contatto, anche per il lavoro di cui vive, con l’informazione, la tecnologia, con le conoscenze che divulga attraverso il mezzo blog. Io faccio bilanci: interessa a qualcuno che ne scriva? Infatti questo blog è a scarso se non nullo valore aggiunto. Chi ci viene mi conosce, o si vuole fare gli affari miei (da quando parlo di politica, le visite affezionate si sono dimezzate, segno che interessa più quando scrivo se ho cenato a Vinovo o se mi sono ubriacato a Monforte o se ho cambiato auto, segno che come studioso di politica godo di scarsa credibilità).

Se un personaggio è noto o stimato per la sua professione, quando gli si chiede qualcosa o si cerca una sua opionione, si dice: “Tizio ha scritto nel suo blog”. Se il personaggio è sconosciuto e dice qualcosa di nuovo al mondo, è ripreso come: “Un blogger ha scoperto che”. In realtà il blogger in senso stretto è un’invenzione semantica cui si attribuisce un concetto che non condivido: il blogger non esiste. Esiste la persona Tizio, che sa di questo, che si occupa di quello, che divulga il suo pensiero, la sua scienza, le sue informazioni, che comunica qualcosa attraverso il mezzo blog.

Tengo un blog da due anni e più: il blog non ha cambiato la vita, inteso in senso professionale, di nessuno. C’è chi s’illude. Io ero tra questi.

Un singolo blog non conta nulla. 200 visite quotidiane dall’Italia significano 56milioni 999mila 800 che ignorano la tua esistenza, posto che siamo 57 milioni. Ovvero: un blogger con duecento visite significa una persona con 200 amici, virtuali, con un tipo di amicizia particolare. Ma professionalmente non significano nulla. Le stesse blogstar, con le loro 500 visite, sono nessuno. Levate tutti gli italiani, poi prendete 500 persone e posizionatele sul territorio: una media di 25 lettori a regione, con centinaia di chilometri di deserto tra una e l’altra, tanto per dare un’idea della densità (e se non basta, pensate che il Piemonte ha 4,2 milioni di abitanti). Le blogstar sono ottimi professionisti che per lo più si occupano di tecnologie e anticipano il futuro, ma appunto: valide persone, indipendentemente dall’uso o meno dello strumento, del mezzo blog: al massimo il blog ha facilitato le loro interazioni. Le loro.

La rete dei blog conta. Le interazioni tra chi scrive e chi legge un blog contano. Non molto ancora, secondo me, ma contano. Dieci lettori li ho io, cento qualcun altro, venti qualcun altro ancora, eccetera. Una pecora non conta nulla, un gregge di pecore significa qualcosa. Blog è un nome collettivo, di fatto.

4 commenti su “La gloria, l’internet, i blog”

  1. E’ un po’ che anch’io rifletto sui movimenti della rete e della blogosfera in particolare. Ho il post in bozze devo ultimarlo :)

  2. Una volta si usavano paroloni e si diceva “l’insieme della blogosfera” conta qualcosa. Ed è così. Però sono convinto che più che pensare alle 200 visite sarebbe utile invece riflettere sui contenuti: se ho scritto qualcosa di qualità (ovvero una mia indipendente e sincera esperienza, riflessione) allora di sicurò sarò considerato valido e trasparente da chi mi legge. Il blog serve per le interazioni, è vero, ma in qualche caso anche per costruirsi un curriculum e dimostrare le proprie idee.

  3. Un punto di vista che condivido. Soprattutto sul concetto di “blogger”, strana forma di vita inventata per dare un senso a tanti e troppi studi sul fenomeno blog.
    Ma abitudine diffusa da sempre: Internauti, Chatters e compagnia cantante.

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