Gli scandali di Expo 2015 a Milano e del Mose di Venezia riaccendono i riflettori sull’emergenza corruzione in Italia. Scoprire la corruzione non è sempre semplice. Ma capita, soprattutto all’estero, che ci siano cittadini che vogliano denunciare ciò di cui si trovano ad essere testimoni. Si definisce whistleblower, e già il fatto che la parola non abbia un convincente corrispettivo in italiano la dice lunga. Whistleblower vuol dire letteralmente “suonatore di fischietto”: si tratta di quel lavoratore che denuncia un illecito di cui è venuto a conoscenza all’interno dell’organizzazione in cui lavora, pubblica o privata che sia. Negli Stati Uniti chi denuncia è protetto da leggi federali e nazionali e, in molti casi, viene addirittura ricompensato dallo Stato.
In Italia, invece, come anche in altri Paesi d’Europa, c’è ancora tanta strada da fare. Una buona notizia in questo senso viene dal web. In questi giorni, sulla scia dello scandalo Expo, ha visto la luce Expoleaks: una vera e propria piattaforma per il whistleblowing promossa da IRPI – Investigative Reporting Project Italy e da Wired Italia. Si tratta di uno strumento a disposizione di chi voglia e abbia il coraggio di raccontare in totale anonimato a dei giornalisti indipendenti eventuali illeciti di cui è venuto a conoscenza sul lavoro.