Gli infiniti impegni di questi giorni mi aveano distratto da una serie di eventi che sono successi in sequenza rapida.
Prima il licenziamento del condirettore Massimiliano Gallo, poi le dimissioni del diretttore Jacopo Tondelli
Poi arriva un giorno, e ti accorgi che è il giorno in cui devi – non hai altra scelta, devi – andare via. Quel giorno per me è arrivato oggi in seguito a una decisione degli organi di gestione de Linkiesta.it che non doveva essere presa sopra la mia testa. Succede invece che, a cose fatte e decise, mi viene comunicata verbalmente la decisione “già presa” del licenziamento del condirettore Massimiliano Gallo. Non solo già presa, ma materialmente già irrevocabile. Figurarsi.
Senza neanche entrare, qui, nel percorso decisionale e nell’impianto motivazionale della scelta, mi è parso evidente quale fosse il mio dovere e dove stesse la mia dignità personale e professionale: nelle dimissioni. Perché non si può fondare un giornale come Linkiesta aderendo anche come socio all’iniziativa; non si può pretendere di fare le pulci al potere, ai suoi tic, alle sue arroganze, ai suoi errori di valutazione e gestione, per poi annuire e magari anche ringraziare di fronte a un gesto che sa, palesemente, di esautorazione. Qualunque altra mia scelta, avrebbe voluto dire accettare e anzi istituzionalizzare, dentro al giornale che ho diretto sin dalla sua fondazione e di cui sono socio, il germe di ciò che più accesamente abbiamo criticato nelle società degli altri.
A quel punto la redazione de Linkiesta ha chiesto le ragioni di tutto questo casino
Questa volta la notizia siamo noi. Le dimissioni del direttore de Linkiesta Jacopo Tondelli e il licenziamento in tronco del condirettore Massimiliano Gallo avvengono nella settimana conclusiva della campagna elettorale. Aprono una questione che investe l’idea stessa del giornalismo e della sua indipendenza. E tocca anche fondamentali aspetti relativi alla conduzione delle imprese e all’innovazione.
Prima di ogni altra considerazione, la redazione de Linkiesta denuncia modalità e incongruenza del licenziamento del condirettore Gallo, ritenute confliggenti con i principi di indipendenza dell’informazione. Da questo atto sono conseguite le dimissioni del direttore Tondelli, che lascia Linkiesta perché ritiene violata la dignità professionale e non è stato disposto a cambiare l’indirizzo politico del giornale. A Massimiliano Gallo e a Jacopo Tondelli va intera, concreta e appassionata, la solidarietà della redazione.
La credevate una battaglia giusta e democratica, peccato che intorno a questa se ne innestasse un’altra, magari per voi piccola, modesta e insignificante ma per noi di valore primario: era una vicenda che girava intorno alla «sinistra», all’essere di sinistra oggi, ed essendo la sinistra ancora una forza che fa delle pari opportunità sociali il suo punto distintivo, l’accesso più facile e più semplice (ancorchè molto più elitario) a una fiscalità di vantaggio doveva essere trattato giornalisticamente con tutte le attenzioni e le sfumature del caso.
Noi abbiamo avuto questa sensibilità. Crediamo sinceramente di averla avuta. L’abbiamo considerata prioritaria rispetto a tutto il resto, abbiamo cercato di far digerire ai nostri lettori più sensibili l’espressione «paradiso fiscale» proprio nel segno di una modernità politica, che contemplasse il rigore delle leggi e l’evidenza di sistemi sofisticati e totalmente elitari. Siamo orgogliosi di avere interpretato le Cayman in quel modo, il direttore Tondelli, il condirettore Gallo e tutti noi che ci siamo applicati alla bisogna.
Il cda de Linkiesta.it ha risposto in termini economici
Dopo circa due anni dalla fondazione, abbiamo ritenuto pertanto necessario ridurre, per quanto possibile e compatibile con gli obiettivi che ci eravamo posti, i costi fissi del giornale. Ciò, al fine di garantire continuità al progetto e consentire, allo stesso tempo, gli investimenti necessari ad affrontare i prossimi anni nel migliore dei modi. Vi preghiamo di credere che l’esercizio non è stato per noi indolore.
Nel guardare al futuro, ci siamo resi conto, infatti, che si rendeva necessario cambiare sede a Milano per averne una più coerente con le esigenze attuali e prospettiche, investire sull’infrastruttura informatica, sulla riorganizzazione del sito (andato online da pochi giorni nella nuova versione) e sulle funzioni di analisi del traffico. Allo stesso tempo, abbiamo creduto nella necessità di realizzare iniziative che contribuissero a distinguerci dai nostri concorrenti puntando ancor di più sull’analisi dei fatti e sui contenuti di approfondimento (in tale prospettiva si inseriscono LinkTank e LinkBook, entrambe iniziative ideate di comune accordo con il direttore nell’ottobre del 2012).
In tale contesto, dopo molti mesi di discussione e confronto sull’andamento economico della società, anche con lo stesso direttore Tondelli, abbiamo ritenuto, con grande rammarico, di chiudere la redazione romana e la connessa condirezione del dr. Gallo. Nessun’altra misura era stata prevista sul personale, se non un generico richiamo a contenere i costi redazionali per complessivi Euro 40.000 annui circa.
Ora occorre capire che cosa succederà anche se molti blogger e redattori stanno dicendo apertamente: “se Massimo e Jacopo se ne vanno, ce ne andiamo anche noi” (e poi sono tutti cavoli del cda … ).
Personalmente appena ho tempo cerco di analizzare meglio le cose, parlando con i protagonisti.
La cosa importante e straordinaria è che Linkiesta discute apertamente e con i lettori dei problemi della sua direzione e della sua redazione coinvolgendoli come stakeholder.
Un atteggiamento antitetico a come in passato situazioni analoghe negli old media siano state gestite con fare curiale e stile da conclave all’interno di stanze chiuse .
E’ l’ennesima dimostrazione che i giornali nativi digitali sono una rivoluzione oramai irrefrenabile.