Maurizio Pagliassotti, giornalista “in mobilità” di Liberazione, fa proprio il punto della drammatica situazione torinese nel suo nuovo libro Chi Comanda Torino inserito nella neonata collana di Castelvecchi che ha lo scopo di indagare i centri di potere delle maggiori città italiane. Ad inaugurare la serie è stato, qualche settimana prima, il libro su Napoli (“clan, clientele politiche e chiesa: i poteri forti che da vent’anni mettono sotto scacco la città”) di Giuseppe Manzo e Antonio Musella. A Torino, più che in altre città, come racconta Pagliassotti, la commistione fra politica ed affari è limpida, clamorosamente manifesta, non certo sotterranea o tenuta nascosta in qualche modo. Qui comanda Intesa Sanpaolo e (nonostante abbia manifestato propositi di fuga) ancora la FIAT che vanno d’amore e d’accordo col nuovo sindaco Piero Fassino e, soprattutto, col predecessore Chiamparino – guarda caso, accomodatosi sulla poltrona più morbida della Compagnia di Sanpaolo dopo aver dato l’ok all’erezione del grattacielo Sanpaolo che oscurerà simbolicamente la Mole Antonelliana – quello che era a favore della privatizzazione dell’acqua e che solidarizzava con Marchionne. Il problema, però, soprattutto per la gente comune, è che, dopo le tanto sbandierate Olimpiadi, la città è rimasta in mutande e, pur di rispettare il patto di stabilità, sta vendendo ogni metro quadrato di terreno a palazzinari e centri commerciali in modo da incassare gli oneri di urbanizzazione che appaiono, ormai, come un miraggio di salvezza (temporanea).
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