Via Online marketing blog
La notizia rimbalza dal blog di Google Italia a quelli di Repubblica , quindi tra qualche giorno mi aspetto di leggere la cosa dal parrucchiere su Gente o Focus:
un ricercatore della Normale di Pisa, inviando una serie di query automatizzate attraverso un sistema che sfrutta le teorie del calcolo distribuito, ha scalato con il proprio nome la vetta della lista di keyword più cercate del mese, ovvero il famoso Google Zeitgeist.
Anche se sento puzza di cavoli stufati, in mancanza di informazioni dettagliate preferisco non sminuire a priori, come alcuni colleghi SEO fanno, la portata della presunta scoperta: infatti resta da capire come poche query automatizzate abbiano potuto battere moltissime query spontanee, però mi vorrei soffermare sul fatto che ancora una volta i giornalisti nella loro famelica ricerca di “internet-scoop” dimostrano di arrivare tardi e parlare di cose di cui sanno poco …
C’è da dire che la tentazione di infiocchettare la notizia sarebbe venuta a chiunque: abbiamo il personaggio (un povero ricercatore precario), abbiamo il tocco di esotismo tecno-hacker (“[…]comprendere gli algoritmi che regolano il ‘page ranking’”) e abbiamo il lieto fine ( Google Italia che riconosce sportivamente la “sconfitta” e lascia intendere che forse il provero precario che “ha bucato l’algoritmo” potrebbe essere assunto).