Purtroppo sono diventate tre quattro, cinque, sei, sette e si teme il bilancio non si fermerà, le vittime dell’esplosione all’acciaieria della Thyssen Group
Era solo un fuoco che brucia senza speranza, «erano torce umane che ci chiedevano aiuto», come racconta l’operaio Giovanni Pignalosa, erano corpi che si dibattevano negli 800 gradi delle fiamme, uomini che si rotolavano per terra, «che ci guardavano negli occhi e urlavano sto morendo, salvami, ti prego». La morte degli ultimi è sempre una condanna. Fabio Simonetta è uno dei feriti e fa vedere le braccia fasciate e china lo sguardo al suolo, prima di alzarlo tirando su per il naso, come se volesse farsi forza e trattenere le lacrime: «C’erano cinque estintori, ma quattro non funzionavano. Noi gridavamo e quelli che erano lì per cercare di salvarci non potevano fare niente. Gli idranti erano bucati. Schizzavano fuori, buttavano acqua in faccia ai soccorritori, si rovesciavano nelle loro mani, mentre le fiamme ci divoravano e noi li pregavamo di non lasciarci soli».
Resta solo la rabbia e la disperazione.
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