Fassino ha vinto, pardon ha stravinto le primarie del centrosinistra a Torino. L’ex segretario nazionale dei Ds ha ottenuto il 55,28% dei voti. Davide Gariglio, lo sfidante più combattivo, il 27,39%, Gianguido Passoni il 12,42%, Michele Curto il 4,15% e Silvio Viale lo 0,75%.
Il dato che certamente impressiona è l’affluenza massiccia dei torinesi ai seggi: 53.185 cittadini hanno votato alle primarie, donando alle casse dei partiti del centrosinistra torinese 2 euro a testa. Si tratta di un piccolo record per la città della Mole e il segreterio Pd torinese Paola Bragantini esulta: “Ha vinto la città, il centrosinistra e soprattutto il Partito Democratico”.
Diversa la situazione obiettiva della coalizione e del Pd locale. Non ci sono, ad ora, dati sulla stratificazione anagrafica dei votanti, ma un sondaggio di metà febbraio sulle intenzioni di voto dava un Fassino vincente con una distacco da Gariglio molto più modesto che quello che poi le urne hanno sancito. Lo stesso sondaggio aveva centrato il risultato di Passoni, sovrastimato di poco il voto per Curto, di molto quello per Viale.
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E poi, soprattutto, c’è Piero Fassino. La sua candidatura nella “sua” Torino era stata vissuta da molti come un’imposizione dall’alto sulla realtà politica torinese. Il precedente papabile candidato, il rettore del Politecnico Profumo, appoggiato da molte componenti “civiche” si era fatto da parte in maniera diplomatica. Molti, soprattutto in rete, avevano ironizzato sul “nuovo che avanza” legato all’età di Fassino (62 anni), alla sua carriera, ad alcune storie discutibili di cui la più famosa è quella legata a Unipol. Si era creato uno scontento che solo in parte si sarà sanato con il plebiscito a suo favore. D’altra parte la sua carriera e il suo essere molto conosciuto ed apprezzato in città, una certa sua contiguità evidente con la Torino “che conta storicamente”, gli hanno garantito molti consensi in grandi strati sociali. Fassino è uno che non si tira mai indietro. Rappresenta però per molti il passato almeno prossimo. Qualcosa di molto lontano dal rinnovamento di una classe dirigente che in molti auspicano anche sotto la Mole.
Ora sta a Piero Fassino convincere i torinesi tutti della bontà della sua candidatura. Anche e soprattuto quei giovani e quella componente che vuole il cambiamento “subito e adesso” che in effetti hanno guardato con grossa preoccupazione alla sua scesa in campo. Questi potrebbero essere la sua spina nel fianco. Potrebbero non presentarsi ai seggi a fine maggio oppure far migrare il loro voto verso altre liste come i Grillini e paradossalmente la Lega, che sembrerebbero incarnare meglio la loro voglia di protesta o di cambiamento. Queste migrazioni di voto potrebbero aprire inattese possibilità per il PdL che nel “villaggio di Asterix” del centrosinistra italiano rincorre sempre a fatica. Il caso della sconfitta di Mercedes Bresso alla Regione Piemonte insegna…