Le tre colonne di Arnaldo Pomodoro da qualche anno rappresentavano la porta meridionale di Torino, al centro della rotonda Maroncelli. Erano molto visibili, specie per le code infinite che nelle ore di punta affliggono quel punto, e senz’altro colpivano l’attenzione. Il loro smontaggio per mancanza di fondi è un segno chiaro di ciò che ci aspetta.
Non credo che si potesse fare diversamente; non ci sono soldi per tutto e forse anche quel po’ di denaro che resta per l’arte e la cultura può essere meglio speso in altre cose, meno simboliche e più concrete. Resta però il punto di fondo: siamo una città con cinque miliardi di euro di debiti, quasi seimila euro per ogni torinese, la città più indebitata d’Italia pro capite. Nei prossimi anni ci spoglieremo di tutto e non ci saranno soldi per niente, a fronte di una situazione economica generale che non migliorerà.
O meglio, i soldi ci sono, ma sono in tasca a una parte del Paese, quella che non paga le tasse o le aggira legalmente, quella che sfrutta le posizioni di potere per attingere alle casse pubbliche o alle tasche dei cittadini grazie alle ingiustizie legalizzate. E’ lì che bisognerà trovare le risorse: in un riequilibrio sociale che non può più attendere