Andrea Scanzi si è finto lava vetri a Firenze ed è stato arrestato in pochi minuti dalle forze dell’ordine.
Poi ha scritto un arguto articolo su La Stampa.
Un tipo in motorino passa e grida: «E’ vietato, ca..o!». Poi la volante si accorge di me, implacabile. Se l’Italia applicasse analogo zelo alla lotta per l’evasione fiscale, forse Valentino Rossi non avrebbe il tempo di dispensare strali piangenti a reti unificate.
Dico che sono un giornalista e mostro il tesserino, non sembrano convinti. Mi perquisiscono, chiedono se ho effettivamente lavato i vetri e percepito compensi. Macché, neanche il tempo di ambientarmi. Mi conducono verso la mia auto, un poliziotto controlla i documenti, l’altro sbircia dentro l’abitacolo. Arriva il fotografo, si presenta. Uno dei due poliziotti, gentile, ha timori estetici. «Ho controllato le generalità senza cappello: rifacciamo le foto col cappello, altrimenti i miei capi si arrabbiano».
Credo che la "tolleranza zero" verso i lavavetri vada letta in un contesto più ampio. Ci sono, infatti, teorie criminologiche che ritengono che la prevenzione dei reati violenti e gravi passi proprio attraverso il recupero del senso di legalità diffusa.
Un esempio qui: http://www.lucabaiguini.com/blog/2007/2/4/catania…
http://canali.libero.it/affaritaliani/milano/lavavetripsichiatraMI2908.html
Ho scritto l’indirizzo di una interessante intervista, perchè credo ci voglia kiarezza, ci vuole kiarezza. La psichiatria ci spiega quello che avviene al semaforo con un lavavetri, quando i nostri occhi si incrociano con gli occhi di un afghano che ti pulisce il vetro della nostra macchina. Mi vergogno a volte di non avere il coraggio di guardare gli occhi di un giovane ragazzo al semaforo vicino al mio lavoro a Milano. Il dottor Riggio ha ragione, questi poveri o profughi di Paesi martoriati trasmettono la loro vitalità attraverso il loro sguardo sincero e onesto, anche se sono poveri. Non criminalizziamoli, per favore.