Venerdì 9 luglio i lavoratori Telecom Italia hanno scioperato 4 ore contro la dichiarazione di esubero di 6.300 lavoratori: il sindacato non si aspettava che la risposta dell’azienda sarebbe stata l’immediata apertura della procedura di licenziamento per 3.700 lavoratori.
Ora le parti hanno 75 giorni di tempo per trovare soluzioni alternative ai licenziamenti: potrebbero essere i contratti di solidarietà adottati nel 2009 per i lavoratori del 1254, ma anche la cassa integrazione.
Telecom Italia probabilmente vuole strappare ai sindacati un accordo che obblighi a lasciare l’azienda i lavoratori che hanno acquisito il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità (sono quasi 700 in tutta Italia), come pure quelli che dopo 3-4 anni di mobilità hanno la possibilità di andare in pensione (quasi 1.500 lavoratori), mentre finora si era trattato di una possibilità facoltativa.
Il sindacato ha chiesto un intervento del Governo per scongiurare i licenziamenti. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, ha parlato di “3.700 ostaggi” per ricattare il Governo da parte di Telecom. Anche Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl e in genere con posizioni molto moderate, ha avuto parole dure nei confronti di Bernabè.
Perfino il ministro Sacconi ha giudicato grave e sbagliata la scelta di Bernabè (che recentemente aveva dichiarato che si sarebbe fatto tutto con il consenso del sindacato) di rompere il dialogo sociale.
Probabilmente Bernabè è preso di mira anche dal Governo, che non gradisce la sua indisponibilità ad accordarsi con gli altri gestori per una rete a banda larga di nuova generazione in fibra ottica: Berlusconi lo avrebbe definito “poco flessibile”. Lo dimostra anche il recente pubblico alterco con il settimanale Panorama.
La strategia di Bernabè è di giocarsi il tutto per tutto puntando sulla riduzione dei costi, per avere almeno il sostegno dei grandi azionisti, anche a costo di andare a uno scontro frontale con il sindacato.