Mi interessava questo dibattito perché era l’establishment che parlava di sé e del proprio destino. Poteva essere una grande occasione perché il giornalismo e l’editoria istituzionali parlassero al “giornalismo delle persone” che Internet ha creato. Per un’apertura alla cultura digitale. Si sono sentite solo pesanti ironie sulla libertà della rete, paure mascherate da sentenze, critiche al governo che si chiudevano in invocazioni di aiuto. Un quadro abbastanza desolante, autoreferenziale, da industria in crisi che non vede oltre il suo naso.
C’erano la Federazione editori, il sindacato dei giornalisti, l’ente che si occupa delle loro pensioni e una rappresentante della presidenza del consiglio, arrivata tardi e fuori contesto. Da lei abbiamo solo saputo che internet a Palazzo Grazioli è considerata come una schifezza per dilettanti che non ha niente in comune con il giornalismo “professionale”. E va bene, il destino della rete è essere discussa, ai più alti livelli, da incompetenti forniti di potere.
Ma al di là di ogni considerazione personale, mi aspettavo che questo panel così ufficiale cercasse di parlare con il vero pubblico del Festival invece che esprimere sommessi pareri discordi col governo sulle tariffe postali. Pensavo ci fosse un pensiero sul proprio futuro, che non fosse solo, come ha fatto Giulio Anselmi, presidente dell’ANSA, una richiesta di meritocrazia e flessibilità interna alla categoria. Con un appello ai precari presenti contro i “notabili” delle redazioni, cioè quelli che hanno fatto carriera ma non sono prediletti dal potere.Bisogna farli fuori perché occupano i posti destinati a voi, gli ha detto.
Brutta bestia la demagogia. Anselmi sa bene che le uscite dai giornali sono state organizzate sulla base dell’ età, non del merito e della voglia di lavorare, e in base a un accordo cui ha messo mano il governo. La meritocrazia è una delle vittime di quella operazione, non il suo trionfo. Perché raccontare una storia diversa dal reale? Dovrebbe essere proibito ai giornalisti, soprattutto a quelli in età da pensione come Anselmi.
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Volete continuare per la vostra strada, anche concettualmente ormai così lontana e povera dal mondo reale? Buon viaggio, e non dimenticate le zattere. Mi dispiace di una cosa, che dovrò continuare a lavorare, perché non è detto che questo sistema possa garantire la mia pensione (forzata) di giornalista, sulla base dell’età (e questo vale anche come disclaimer o avvertenza al lettore sul fatto che chi scrive qui è coinvolto nella vicenda che narra)