Da una lettera aperta del presidente Odg
Chiudere con gli esami significa che non avranno il riconoscimento d’ufficio colleghi che da anni – e qualche volta da decenni – svolgono un lavoro a tempo pieno nelle redazioni senza che i comitati di redazione (cioè il sindacato) siano stati nelle condizioni di affrontare il problema per abbozzare una soluzione. Cornuti e mazziati: questi ragazzi – diventati signori e padri di famiglia – non godrebbero delle garanzie contrattuali che la Fnsi ha il dovere di assicurare loro, ma non potrebbero aspirare nemmeno allo status “di diritto” che si sono conquistati sul campo.
Eliminare il percorso universitario significa, invece, contraddire il dibattito che la categoria ha sviluppato negli ultimi venti anni. Una scuola che preceda l’ingresso nella professione e una solida preparazione scientifica sono stati considerati la condizione indispensabile per poter praticare il mondo dell’informazione, in costante e, qualche volta, caotica evoluzione, dominato da questioni anche lessicalmente complicate. Lo studio e la conoscenza – si è ripetuto fino alla noia – diventano patrimonio irrinunciabile per “leggere” le vicende del mondo ed essere nelle condizioni di raccontarle.
Ancora nell’ultimo dibattito che si è sviluppato a Positano per la definizione di una proposta di modifica legislativa delle legge istitutiva dell’Ordine si è lungamente insistito sul fatto che l’accesso accademico doveva essere l’unico.
Dunque, la proposta del sindacato otterrebbe il solo risultato di impoverire la categoria dal punto di vista culturale e di negare a una buona fetta di precariato anche il riconoscimento del lavoro praticato in precedenza.I giornalisti diventerebbero una super casta, chiusa al proprio interno, con confini ben delimitati e difesi da bunker poderosi, impermeabile al mondo esterno e sorda ai richiami della cosiddetta società civile perché “siamo troppi” e dobbiamo difenderci. Il giornalismo diventerebbe una piccola chiesa dove a cantare messa sarebbero soltanto i sacerdoti già investiti di ordine divino.
Soluzioni ridicole, prima ancora che impraticabili.
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Il lavoro nelle redazioni deve essere regolamentato e retribuito correttamente, ma l’uno e l’altro risultato devono essere assicurati dalle strutture di cui la Fnsi dispone in ogni testata. Nel contratto, non è stato immaginato nulla per figure professionali che operano da free lance: non un minimo di stabilità occupazionale e nessuna certezza economica. Il contratto si è limitato a prevedere un mega-esodo di giornalisti che risultavano assunti “a tempo indeterminato” in modo che, per ognuno che lascia un posto di lavoro sicuro, possa subentrare una dozzina di precari con retribuzioni ignobili e le garanzie di cui dispongono i malati terminali”.