Gianluca Nicoletti scrisse due anni e mezzo fa su Tuttolibri de La Stampa questo articolo sulla blogosfera italiana. Era un articolo forte, provocatorio, ma che partiva da una serie di critiche e analisi condivisibili o per lo meno utili per una lavoro autocritico.
Ecco l’articolo integrale.
Dopo 900 giorni da quell’articolo come è cambiata la nostra blogosfera made in Italy ?
La blogosfera italiana si è costruita come un universo piramidale non scalfibile ed elitario. Altro che libertà espressiva e letteratura spontanea.
A dettar legge sono qualche decina di fighetti, alcuni ben supportati e vellicati da amici con addentellati old mediatici e quindi ogni loro ruttino diventa sublime espressione di novità, porto ad esempio il partorir neologismi del calibro di “intelluguale” che in un’agape “galattica” è stata sancita come civettuola definizione dell’ intellettuale che operi in rete.Ohimè, in nome dell’intelleguaglianza stiamo ancora all’idolatria del nuovo che è tale perché scribacchiato in rete. Consunti simposi sul significato della scrittura on line appesantiscono i server di bittume superfluo, ipermetropiche compilazioni secernono spossatezza nel loro essere illimitate nello spazio disponibile. Avere limiti tipografici nello scrivere significa allenarsi a comprimere concetti che stimolino all’illimitatezza. Il blog
invece si espande verticalmente verso il basso e tende all’indefinito. Un anellide che si riproduce per partenogenesi ogni qualvolta qualcuno ne innesti la testa nel content manager system. Comunque si sa vien da chiedersi perché alle nostre latitudini essere blogger sia assimilato all’appartenenza ad una compagnia di giro che si rafforza di dibattito in dibattito, ma a volte si assottiglia se qualcuno ce la fa e passa dal codice binario alla vecchia carta inchiostrata. Anche recentemente la supremazia del solito zoccolo duro è stata sancita dal Focus della «Casaleggio Associati» che disegna una blogosfera italiana su cento astri splendenti (sempre gli stessi) che autoalimentano il loro olimpo linkandosi e rilinkandosi a vicenda.Citandosi e track-backandosi moltiplicano le loro perle di saggezza, arguzia antagonismo tarocco nell’ipercubo multimediale, ma se non ne parla qualche giornalone per eccellenza si ha l’impressione di aver perso tempo.
Il focus però ne vede solo cento. I cento che sopravvivono nei blog roll dei loro adepti in perenne sindrome di Stendhal. Vengono evidenziati quelli più interconnessi tra loro e quindi più visibili perché più citati dagli altri, una sorta di famiglia Auditel cyberfighetta che esprime un parere omogeneo rassicurante e conservatore. Il suk dei sottoblog, i paria che si devono accontentare di plebee con-directory? Non appaiono nella ricerca. Quelli sono i reietti che nascono e muoiono senza nemmeno un righino da parte di chi «tiene i contatti» con i multiple name, gli anonimus e gli hacker pentiti?
Per loro il destino delle piccole emittenti di fronte al monopolio dei grandi network ci sono, ma senza diritto di parola. Non prendiamoci in giro, anche nell’inframondo resta sempre in piedi lo stesso meccanismo che vale
nella vita reale. Non ci scandalizza, ma se essere blogger significa avere tanti link e la spalletta dei preferiti compiacente ai soliti noti, si deduce che anche questo umile esercizio non è per tutti. Si dirà dove è la sorpresa? Nessuna, solo che ci si immaginava qualcosa di più estremo e rivoluzionario, un sistema che avrebbe potuto abbattere le limitazioni spazio temporali, i condizionamenti sociali e culturali insomma la rete poteva essere in questo caso qualcosa di più che un limbo artificiale in attesa di un editore vero.Escono illustri antologie dei blogger italiani, costoro si fanno vedere anche in giro, molti sono riconoscibili per robusti «sconfinamenti» nella parte oscura della forza e quindi dove è la novità? Forse nel meccanismo che permette una facile ed immediata pubblicazione, editor intuitivi e alla portata di tutti. Perfetto e bellissimo, ma ancora ci chiediamo cosa c’è di nuovo? Il link equivale al riconoscimento di chi è del giro, i premietti e i bannerini che certificano i premietti, le intervistine e le scuolette di scrittura sul mestiere di scrivere il web… Insomma il maestrinismo di quelle/i che al liceo prendevano bei voti e stavano ai primi banchi si è impossessato di ogni sregolatezza nella blogosfera.
Se vogliamo cogliere un’altra costante che aleggia sottile in tutto l’universo blog è quella della depressione. Perché il blog deprime? Forse perché è un vizio solitario per la maggior parte di quanti ne coltivino la pratica. Forse perché si è soli, introversi, isolati dal mondo quando si blogga. Forse perché alla fine non si ha bisogno di nessuno quando si blogga. Forse perchè chi blogga vorrebbe qualcosa di più per esprimersi. Non so forse tutta la rete è deprimente, ma il blog ha un’accezione saturnina più radicale. Si guardi il calendario delle bloggers femmine pubblicato on line quest’anno, no quasi nessuna sorride. Per lo più sono assorte, evanescenti, vestite di splenn anche laddove siano spogliate.
Perché mai le signorine palliducce che trasognano fotarelle da risvolto di copertina blasonata non realizzano che tra loro e le veline aspiranti aspiratrici cambia solo il punto di vista. Loro son quelle che si sentono belle dentro, le altre dentro e fuori non fa differenza, per tutte loro l’importante è esser viste. Le une sventoleggiano curvilinee beltà rese ancor più vere dal sintetico fotoritocco le altre affidano al permalink l’eternità del loro diario e denudano anime lacerate in luogo di nature lacerate (… che pur resero celeberrima la melassa di Melissa).
Il blog tipo, se evitiamo quelli di personaggi già noti e fisiologicamente euforici da successo, è un diario tristerrimo dove il logorio del quotidiano distrugge irrimediabilmente la voglia di vivere. Tra lo/la/l? scrivente e il resto del mondo esiste una patina limacciosa che rende catarattico anche il punto di vista di un adolescente. Ho bei ricordi di anni di bloggazione gioiosa, chissà perché oggi mi gira così? Sarà forse un problema solo mio, ma aggiungere all’html editor un tool che secerna Prozac potrebbe aiutare non poco. Sarà per il fatto che mi sento annichilito dal pullular garrulo di scintillante facondia che sprizza da ogni blog in cui mi capita di zampettare neghittoso alla ricerca di sochè da trasformare in parole piombate. Molti lo fanno per la sorpresa di chi vive ignorando la rete, e per sua fortuna vive anche benino.
Il blogger è anche materia prima di fabbrica editoriale, libri fatti di chat, di sms, e pure di blog. Facile riempire spazio con veloce cut paste della risulta sollevata dallo tzunami grafomane dei blogger conosciuti. Cannibalizzati per la gloria di «nuovi Cannibali?». Forse è terapeutico, meglio che rodersi il fegato è far la cronachina degli amichetti che spazzolan librerie dal parquet insalivato. E perché no? Qualche personale letturina da consigliare tanto per darmi un tono, quel che vedo alla mattina sfoglicchiando quotidiani, cito i citati, linko i premiati, lecco il fighetto. C’è poi lo sguardo in tv. Scanalo qua e là, magari dico cose cattive su Sanremo, sfotto le conduttrici, tanto per darmi un tono con aria superiore compatisco tutti. Mi spreco in metafore. Se avanza spazio un po’ di sguardo interiore e tracce minimali di vita uggiosa. Già allora si che sarei anch’io un vero blogger, spipparolandomi ripiegato su me stesso darei senso alla meraviglia dei bei compitini quotidiani e dei sorridenti battimani. Già ma sono un cialtrone, scrivo solo per denaro e su commissione.
All’epoca, avevo commentato così. Oggi mi chiedo, dopo 900 giorni, quanto sia cambiata l’opinione di Nicoletti ;-)
E’ una idea da sviluppare: lo cerco quando posso.
ma quanto è cambiata la blogosfera ?
sembra scritto ieri … e sottoscrivo: è inutile cercare utopiche “mutazioni” delle attitudini umane sulla rete e quindi nei blog. L’indole umana è qualla di creare comunque gruppi, branchi di individui tra loro simili e contrapposti e mitiche “classifiche” che confermino, certifichino il “peso” conquistato. Questo senso di appartenenza e le classifiche, gratificano perchè danno un senso di esistenza tangibile. Scrivere per gli altri, non per se stessi è un paradosso dei blog attuali, alla ricerca continua dei “link” che diano il senso di una loro esistenza personale. Blog che alla fine dicono le stesse cose, perchè secondo la “teoria” del numero delle “ribattute” dell'”informazione”, questo sembra essere il senso stesso di un blog nella blogosfera, come un sistema di “antenne” ritrasmissive . Il Blog è poi diventato per molti il modo di vendersi in un “porta a porta” che crea circuiti clienti / fornitori.
Nicoletti ha perfettamente centrato il problema di allora, attuale anche oggi, dopo che il caso di Grillo ha dimostrato come i blogger, presunti “liberi” pensatori, non siano riusciti a rappresentare un tale livello di diffuso malessere sociale e invece continuino a parlare delle proprie “personali esperienze” (sostanzialmente tecnologiche) come in una Blog-Casta. Se Grillo ha preso tutto questo spazio la colpa è prima di tutto di questa incosciente, lontana percezione delle vita reale dei blog italiani.La cosa triste forse sta proprio che che lo “zoccolo duro” dei Blog italiani parlano di tecnologia. Il problema è che la tecnologia è “fredda” oltretutto non un patrimonio italiano ma “importato” da paesi ben più innovatori del nostro. Quindi difficile che i blogger italiani potranno mai raccontare mirabili innovazioni nostrane al mondo, ma sempre limitarsi, da osservatori / utenti a continuare a cercare di trovare il “pelo nell’uovo” della innovazione altrui. Personalmente la tristezza intravista da Nicoletti io la vedo qua.
“Nulla da creare, tutto da ristrasmettere”.