Delisting, che passione. Vale davvero la pena di approfondire il perché. In tempi di ribassi di Borsa, si sa, fioccano le uscite dai listini, per lo più giustificati (almeno ufficialmente) da quotazioni di mercato troppo sacrificate e che non riflettono il reale valore del titolo (ma se l’investimento in azioni, come spiegano tutti i libri di finanza, è da considerare nel medio/lungo termine, prima o poi il mercato dovrebbe giungere a quotazioni adeguate …).
In più da marzo la Borsa ha fatto molta strada, tutt’altro che ribassista l’andamento, ma mentre le IPO latitano ancora (eccezion fatta per le tre “matricole” del nuovo listino AIM Italia: IKF, Neurosoft e VRWay Communication), i delisting si susseguono imperterriti. È ora la volta di Permasteelisa, che per un cambio di azionariato sarà oggetto di un’OPA obbligatoria a 13 euro per azione, che dovrebbe chiudersi entro gennaio/febbraio 2010. Da inizio 2009 sono state già cancellate dalle quotazioni, per effetto di OPA volontaria, Anima SGR (acquistata da Banca Popolare di Milano a 1,45 euro per azione e non più quotata dal 2/3), Meliorbanca (acquistata da BPER a 3,2 euro per azione e non più quotata dal 6/3) ed Ergo Previdenza (acquistata da Ergo Italia a 4,51 euro per azione e non più quotata dal 7/4).
Le prossime società a dare addio al listino saranno FMR-Art’è, Mirato e RGI, tutte e tre oggetto di OPA volontaria rispettivamente a 5, 5,25 e 2,01 euro per azione. Non è invece riuscita al Banco Popolare l'”impresa” del delisting di Banca Italease: nonostante una riapertura dell’OPA, effettuata a 1,5 euro per azione, è stata raggiunta “solo” una partecipazione di poco superiore all’88,1%, insufficiente sia per lanciare un’OPA residuale (per cui servirebbe il 90%) sia, soprattutto, per procedere all’esercizio dello “squeeze out” (diritto all’esercizio dell’acquisto sul mercato delle azioni residue dopo il perfezionamento dell’OPA; per fare questo è necessario aver raggiunto il 95% del capitale sociale). Ora Banca Italease sarà oggetto di un importante aumento di capitale necessario per raggiungere ratio patrimoniali adeguati, e che ovviamente sarà pressoché integralmente a carico del Banco Popolare.
Non sempre vi è un motivo “evidente” dietro il delisting di una società quotata, e maliziosamente si può pensare che molte aziende che in Borsa ci sono e ci rimangono hanno in realtà ben scarse ragioni per la quotazione: flottanti piuttosto risicati, difficoltà economiche e/o finanziarie, spesso non bastano perché l’azionista di maggioranza ritenga opportuno il ritiro dal listino. Proprio in questi giorni alcune società di revisione hanno dichiarato di non essere in grado di esprimersi sulle relazioni semestrali di aziende come Snia, Eutelia, Montefibre, Sadi, Mariella Burani Fashion Group ed altre, in genere a causa di «incertezze sulla situazione economica e patrimoniale». Ma queste aziende restano ufficialmente quotate, anche se Snia e Mariella Burani Fashion Group sono state sospese dalle contrattazioni a tempo indeterminato.
Al contrario, vi sono aziende oggetto di delisting che molto probabilmente potrebbero rimanere quotate senza alcun problema: ad esempio per RGI la società acquirente ha affermato che «il settore in cui opera RGI presenta prospettive di crescita nel medio-lungo periodo e il valore economico della società può incrementarsi in futuro tramite l’espansione dell’attuale attività e l’accelerazione del consolidamento avviato nel settore. Il perseguimento di questi obiettivi si attuerà anche tramite investimenti significativi, che potrebbero penalizzare la performance delle azioni RGI nel breve periodo». Ma l’investimento in Borsa non dovrebbe essere sempre concepito in un’ottica di medio-lungo periodo?