Il processo per le violazioni industriali della security Telecom dei tempi di Tronchetti Provera rischia di non potersi celebrare per la necessità di realizzare 5000 udienze per esaminare gli sterminati verbali delle intercettazioni. Ora per farla franca in Italia basta fare un reato troppo complesso o troppo diffuso. Paolo Colonnello su Lastampa
Non so come si farà a celebrare questo processo…». Dice così il gip dell`inchiesta Telecom, Giuseppe Gennari, mentre si rigira tra le mani lo scarno comunicato della Corte Costituzionale che lo obbligherà, prima di distruggerli, a esaminare insieme con difese, parti civili e accusa, le migliaia di dossier illegali trovati durante l`inchiesta sullo spionaggio Telecom.
Scuote la testa anche il giudice dell`udienza preliminare, Mariolina Panasiti, appena riemersa dal l`aula magna nella quale sono sfilate oltre trecento parti civili: «Per ora vado avanti ma è una strada in salita…». Dietro i giri di parole il messaggio è chiarissimo: il processo Telecom, così come lo abbiamo conosciuto in tre anni d`inchiesta, con i suoi misteri, le sue spie, i suoi giochi di potere e le sue guerre internazionali, non esisterà più.
Prendiamo per esempio la vicenda di Marco Mancini, il dirigente del Sismi accusato di violazione di segreti di Stato per aver passato notizie rilevanti al dossierificio Cipriani-Tavaroli: si tratta di una quarantina di fascicoli nei quali Mancini sostiene di non aver rivelato alcunché. Anzi, che si tratta di sonore «bufale». Per esaminare con un perito e con le parti in causa ogni dossier, stabilire se si tratta di notizie reperibili da fonti aperte oppure negli archivi del servizio segreto militare, quanto ci vorrà? La prescrizione è per il 2015.
«Questo è un processo che rischia di non potersi concludere mai», commenta l`avvocato Davide Steccanella, legale di un ex dirigente della Telecom, dossierato, costituitosi parte civile. «Ormai è una farsa», ribatte Massimo Pellicciotta, legale per i due uomini della sicurezza di Berlusconi e Mediaset, spiati. Sorridono invece silenziosi i legali degli imputati. Si aggrappano a dei «vedremo» i pm della procura milanese.