Secondo Inpgi sulla crisi dell’ente circolano inesattezze, imprecisioni, se non addirittura vere fake news
INPGI Notizie le analizza nel tentativo di smontarle. Ai lettori giudizi e commenti
1) L’Inpgi ha fatto le riforme in ritardo
Da quando è privatizzato l’Inpgi ha fatto cinque riforme, la prima nel 1998, che hanno progressivamente ridotto i trattamenti pensionistici. Con l’ultimo intervento del 2017 i trattamenti sono equiparati a quelli del sistema generale.
2) I giornalisti vogliono solo difendere le loro pensioni d’oro
Insieme all’ultima riforma è stato introdotto un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte che è stato giudicato legittimo non solo dai ministeri vigilanti ma anche dal Tar. Abbiamo chiesto un sacrificio ai pensionati più fortunati, anticipando quindi i recenti interventi governativi.
3) La situazione dell’Inpgi è colpa delle gestioni del passato
La difficoltà dell’Inpgi deriva unicamente dalla grave crisi del settore dell’editoria che ha comportato una perdita ingente di posti di lavoro e quindi il calo dei contributi. La passata gestione è stata sottoposta al giudizio del Tribunale di Milano e l’ex presidente è stato assolto con formula piena da ogni accusa. L’istituto è sempre stato gestito con la massima correttezza.
5) L’Inpgi ha di fatto finanziato l’editoria italiana
L’istituto paga gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, disoccupazione, contratti di solidarietà) unicamente con le proprie risorse sulla base di stati di crisi aziendali firmati dal ministero del Lavoro e ai quali non possiamo opporci. Ad oggi l’ente tutela 7mila colleghi. Il costo degli ammortizzatori sociali nel 2018 è di circa 37 milioni.
6) I giornalisti sono dei privilegiati
Non più e da molti anni. La retribuzione media dei pochi nuovi assunti dal sistema è inferiore ai 30mila euro all’anno. I giovani costretti al precariato del lavoro autonomo hanno retribuzioni tra i 9 e i 12mila euro annui.
7) Perché salvare L’Inpgi? Meglio confluire nell’Inps
Salvare L’Inpgi significa continuare a garantire lo svolgimento della propria funzione istituzionale nell’ambito del sistema previdenziale, intercettando le trasformazioni in atto nel mondo dell’informazione nonché a garantire l’autonomia al lavoro dei giornalisti. Confluire nell’Inps non offrirebbe la stessa garanzia e avrebbe un costo per lo stato di circa 600 milioni all’anno, cioè la spesa per pensioni e welfare che vogliamo continuare a pagare da soli senza gravare sulla fiscalità generale.