Riccardo Luna su Repubblica.it
Ok Glass, scatta una foto, registra un video, dimmi chi ho davanti, dammi le ultime notizie. Sembrava l’inizio di un nuovo mondo, un mondo che preoccupa non poco i difensori della privacy, ma in effetti non è mai arrivato. Va detto che molti addetti ai lavori il de profundis lo avevano intonato subito: accanto ai tanti che dissero che “gli occhiali di Google avrebbero preso il posto dei telefonini”, altrettanti hanno avvertito subito non sarebbero serviti a nulla perché nessuno voleva andare in giro vestito come un cyborg impaurendo i vicini e quindi nessuno li avrebbe comprati. Un anno fa lo disse anche il grande capo di Apple, Tim Cook, ma la sua osservazione ricordava, a ruoli invertiti, quella celebre e infausta del numero uno di Microsoft Steve Ballmer a proposito dell’iPhone appena presentato da Steve Jobs: “Sarà un prodotto di nicchia”, disse accompagnando la frase con una di quelle sue leggendarie risate che sembrano tuoni. Beh, ancora se ne pente.
In realtà oggi a pentirsi sono tutti quelli che hanno scommesso sui Glass.Come il famoso blogger Robert Scoble la cui vicenda è esemplare perché non si tratta di un avversario della azienda di Mountain View, anzi. Era l’aprile del 2013 e Google aveva messo i primi ambitissimi esemplari a disposizione di un migliaio di “esploratori” volontari in cambio di 1.500 dollari a pezzo. Bene, Scoble si fece immortalare con gli occhiali mentre rideva sotto la doccia (la foto ovviamente divenne subito virale) e disse testualmente: “Non me li leverò neanche per farmi la barba”. Otto mesi dopo la svolta: “Basta, non li uso più”. Il punto è che, passata l’eccitazione della novità, la domanda che uno si fa è: perché? ne ho bisogno davvero? migliorano forse la mia vita? La risposta finora è no. Perché non sempre quello che è tecnologicamente possibile e che ci fa esclamare “wow” è anche utile. E quando questo accade, il flop è inevitabile.