Da quando sono venute alla luce queste notizie sui comportamenti dei manager dell’Ilva di Taranto non casualmente i problemi delle acciaerie pugliesi sono sparite dalle prime pagine dei giornali mainstream. Una volta ci lamentavamo che era colpa di Berlusconi per la scarsa libertà della stampa italiana. Ora la colpa di chi sarà ?
La Procura ha infatti aperto un nuovo fascicolo dopo i dati sul monitoraggio del benzo(a)pirene realizzato da Arpa Puglia. I livelli di emissione nel periodo gennaio-maggio sono triplicati. Archinà lo sapeva: “in via confidenziale” è stato il capo di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, a inviargli con una mail con i dati ancora ufficiosi. Forse l’ex collaboratore della siderurgia ionica sperava che rimanessero tali. La notizia, però, trapela: il sindaco Ippazio Stefàno emana un’ordinanza, l’onda ambientalista cresce, l’opinione pubblica chiede misure. L’ex capo delle relazioni istituzionali dell’Ilva attiva il “sistema Archinà”: il giorno seguente, con Fabio Riva, vice presidente del gruppo dell’acciaio, è già in riunione con Vendola. All’uscita Riva chiama il figlio Emilio e gli comunica che il nuovo piano d’azione è basato sul “vendere fumo”: l’azienda comunicherà di essere disposta a collaborare con la Regione e questa spiegherà che il rapporto instaurato con l’Ilva è l’esempio da seguire anche con le altre grandi realtà industriali del territorio. Intanto Archinà ha raggiunto anche un obiettivo esemplare: “…convocato Assennato… Assennato è stato fatto venire al terzo piano però è stato fatto aspettare fuori…”.