Per chi non è mai stato comunista, non è comunista adesso e neppure ha intenzione di diventarlo in futuro, a meno di improbabili sbandamenti cerebrali, il dibattito che si è innestato intorno alla figura del presidente Napolitano è semplicemente lunare. Nel senso che appare così distante da una ragionevole comprensibilità da sembrare paradossalmente un corpo estraneo allo Stato. Eppure niente di così materialmente istituzionale si sta consumando come in questi giorni, in attesa che l’Alta Corte si esprima sul conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale.
Ai cittadini qualcosa però andrà spiegato. Anche perché non capiscono, non ne hanno gli strumenti, meno che mai leggendo le quattrocento righe quotidiane che i protagonisti di questa disfida propinano ai lettori dei loro giornali (Scalfari, Zagrebelsky, Bonsanti, Macaluso, Violante e altri comunisti e non). Sembra esattamente roba loro. Solo roba loro.
Si vaneggia di complottismi (con tutto quello che di reale è successo in Italia nello scorso mezzo secolo), si straparla di tentativi plurimi di abbattere l’ordine costituito, si mettono in fila (e insieme) le dichiarazioni di Di Pietro, Beppe Grillo e gli articoli del «Fatto Quotidiano» (il tutto sotto la sapiente regia della Procura di Palermo, naturalmente) giusto per dare fiato alle stramberie e per dimostrare «inequivocabilmente» che dietro a tutto questo ci sarebbe ancora un Grande Vecchio che agisce e trama. Ma siamo seri!
Andiamo al concreto. Tutto questo complottare per buttare giù dalla torre il nostro Capo dello Stato è un sospetto degno di miglior causa (e miglior tempo) visto che per più di sei lunghissimi anni lo abbiamo sostanzialmente idolatrato (con qualche eccezione, per fortuna, come democrazia richiederebbe) e giusto adesso che è sulla fettuccia di lana per chiudere trionfalmente il suo mandato – e con la sicurezza matematica che non si ricandiderà – quattro pirla un po’ sbandati si metterebbero insieme per immaginare un sensazionale colpo di Stato: ma ai danni di chi, di grazia? Al confronto, i forestali del golpe Borghese erano lucidissimi interpreti della realtà…
Secondo argomento, il procedere di Giorgio Napolitano in questo tempo difficile. Lo abbiamo tutti considerato uno dei presidenti più equilibrati (partendo da suo passato comunista, ovviamente) della moderna storia patria. Ma non si può negare ch’egli abbia fatto sostanzialmente tutto ciò che gli è parso e piaciuto, naturalmente con il conforto delle leggi esistenti e l’ombrello giuridico degli autorevoli consulenti del Quirinale. Per giungere, a trequarti di mandato, all’apoteosi finale, quando ha letteralmente (e meritoriamente) fatto e disfatto un governo con l’invenzione di un ticket che resterà, memorabile, nei libri di storia: Mario Monti senatore a vita e contemporaneamente Presidente del Consiglio.
Ecco, con un capo dello Stato di questa portata, di questa forza politica e istituzionale, è lontanamente immaginabile un complotto ai suoi danni e perché proprio adesso che se ne va, forse, di ritorno, per danneggiare Monti? Qualche riflessione più complessa sarebbe auspicabile.
Terzo argomento, il comportamento di Giorgio Napolitano in quest’ultima vicenda che tira in ballo la trattativa Stato-mafia dei primi anni ’90 e che porta alla luce certe intercettazioni che lo riguardano. Lo si può dire serenamente, senza essere tacciati di disfattismo? Napolitano si è offeso e ha sollevato quel conflitto di attribuzione per difendere la sua onorabilità, prima ancora che quella del ruolo che riveste (naturalmente lui ne ha invertito l’ordine). Verrebbe da dire: ma dopo tutto quel che ha fatto in questi anni, di buono e di bellissimo per la Repubblica, lei, gentile Presidente, ha ancora la voglia (qualcuno direbbe il coraggio) di offendersi perché le si muovono delle critiche, anche aspre, anche particolarmente dure?