Questa generazione di presunti giornalisti che hanno gestito l’Ordine deve levarsi di mezzo o autosciogliere l’Ordine dei Giornalisti
Via Stefano Tesi
Da non credere a Roma: dopo mesi di inerzia e col fiato del 12 agosto sul collo, l’Ordine nomina una commissione di saggi per fare entro il 9 luglio la proposta che, in sei mesi, il Consiglio Nazionale non è riuscito a plasmare. Ma il bello è che solo quattro membri su undici sono giornalisti professionisti. Nasce “l’ordine dei pubblicisti”?
A volte è bello, anzi bellissimo, e al tempo stesso tragico, scoprire di non essere soli a dire e pensare le stesse cose. A sostenere ad esempio che il giornalistificio ha trasformato l’ordine in un leviatano, dove una malintesa e patologica forza dei numeri rovescia la logica delle rappresentanze e dei “pesi” professionali, dando così nelle mani dei dilettanti le leve per decidere del destino dei professionisti. E a sostenere che il sostanziale, imbarazzato e imbarazzante immobilismo registrato nell’ultimo semestre dall’odg sulla riforma, come in una guerra di trincea tra blocchi e controblocchi di interesse, ma con scadenze improrogabili ormai alle porte, si sia trasformato in una pantomima forse limpida per chi ha il seggio a Roma, ma incomprensibile per tutti gli altri. Me compreso. Uno scenario non solo ridicolo (nonchè sintomatico dell’estrema debolezza della categoria), ma catastrofico.
Del quale, pur essendo fuori dai giochi, avevo avvertito il fumus da tempo e avevo chiesto espressamente lumi (qui) in una lettera aperta rivolta al presidente Iacopino, pubblicata su questo blog tre settimane fa ma inopinatamente rimasta senza risposta.
Poi, poco prima dell’inizio di Italia-Inghilterra, apro il sito di Franco Abruzzo e ci trovo una missiva di Gianni De Felice (qui) che mi lascia senza parole.
Il titolo è “Nasce l’Ordine dei pubblicisti“. Il contenuto è quello sintetizzato nel sommario di questo post.
Non so se quanto riporta De Felice sia tutto vero. Spero di no, ma non ho nemmeno motivi per cui dovrei giudicarlo falso. Certamente è verosimile. Realistico, direi.
La cosa sconcertante è che, per una questione così delicata, decisiva e irripetibile (da 40 anni ci si lamenta che il parlamento non fa una riforma che tutti invocano), l'odg da un lato non riesca in 6 mesi a mettere d'accordo correnti e blocchi di potere, dall'altro non abbia la forza di imporre "saggi" capaci di rappresentare nella sostanza la vera composizione della categoria (professionisti, pubblicisti professionali, pubblicisti collaboratori) e debba obbedire alla grottesca regola del bilancino, con l'ulteriore rischio di mettere in commissione anche soggetti che non fanno l'interesse di chi dovrebbero rappresentare, da un altro ancora che ci si sforzi di far sembrare "normale" tutto questo e risentirsi se la gente protesta per l'adozione alla chetichella di questa soluzione. Il tutto in un'atmosfera in cui, esattamente all'oposto di come da anni ci si lamenta, l'obbiettivo sembra salvare l'attuale legge professionale e non sbarazzarsene il prima possibile.