Lucio Bragagnolo su Apogeonline
Il materiale elettrico elettronico in arrivo dai Paesi ricchi (in maniera dominante dall’Europa) è in buona parte funzionante e destinato all’utilizzo; l’intero traffico illegale è paragonabile alla produzione di rifiuti tecnologici del Belgio o dell’Olanda.
Uno studio pubblicato sotto l’egida delle Nazioni dalla Segreteria della Convenzione di Basilea ha analizzato la situazione dei rifiuti elettrici ed elettronici (Weee, Waste Electric and Electronic Equipment) in cinque Stati dell’Africa: Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Liberia e Nigeria, evidenziando dati che contraddicono alcune opinioni largamente date per scontate.
Il problema dei rifiuti tecnologici sarebbe infatti dovuto a cause interne ai Paesi esaminati più che alle cattive abitudini dei Paesi industrializzati:
it is assumed that in 2010 between 50 – 85% of e-waste was domestically generated out of the consumption of new or used EEE of good quality with a reasonable life-span. For the five selected West African countries, this is between 650,000 and 1,000,000 tonnes of domestic e-waste generated per annum, which at a certain point needs to be managed.
Arrivano rifiuti anche dal mondo ricco, certamente. Tuttavia, dell’equipaggiamento elettrico ed elettronico (Eee) giunto in Ghana nel 2009, il 70 percento era usato ma funzionante e con un’aspettativa di vita ragionevole.
Si pensa comunemente agli Stati Uniti come responsabili principali del problema, mentre invece uno studio condotto in Nigeria indica l’Europa come responsabile del 75 percento degli invii, con L’Asia al 15 percento e il Nordamerica all’8 percento.
E il traffico illegale? Lo si stima nei cinque Paesi analizzati a un totale di 250 mila tonnellate annue. Cifra immensa, che però corrisponde alla quantità di rifiuti tecnologici generati dal Belgio o dall’Olanda, il cinque percento della produzione totale europea di Weee.
Il problema dei rifiuti tecnologici in Africa esiste e va affrontato; ma ha principalmente cause interne prima che occidentali.