dal sito di Pietro Ichino
Nel settore giornalistico, per esempio, nel corso di una recente audizione parlamentare sono emersi dati impressionanti circa l’apartheid che in Italia separa i lavoratori protetti dai non protetti. Riportiamo qui di seguito la deposizione svolta da una rappresentante della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dottoressa Antonella Benanzato, davanti alla Commissione Lavoro del Senato:
“Presidente, desidero comunicare delle cifre riguardanti il Veneto: i giornalisti titolari di un rapporto di lavoro dipendente in Veneto sono 753; i giornalisti iscritti esclusivamente alla gestione separata (solitamente i collaboratori) (*) sono 1.640; il reddito medio di un giornalista dipendente è di 59.445 euro l’anno; il reddito medio di un giornalista co.co.co. è di 7.489 euro l’anno; il reddito medio di un giornalista libero professionista è di 9.000 euro l’anno.
Vorrei far presente, proprio per sollevare l’argomento della previdenza per i giornalisti precari, che dai risultati dell’indagine condotta dalla LSDI (l’associazione per la libertà di stampa e il diritto all’informazione), pubblicati recentemente, risulta che le pensioni dei lavoratori autonomi (sempre con riferimento ai giornalisti), per il 63 per cento delle contribuzioni, ammontano a circa 500 euro lordi l’anno. Vi lascio calcolare a quanto possa ammontare la pensione mensile. Ciò avviene perché i lavoratori precari, o i collaboratori, non sono neanche in grado di pagare delle quote importanti di previdenza e, quindi, si ritrovano con delle pensioni al di sotto di quelle sociali, assolutamente irrisorie, che anzi rappresentano un costo per la stessa cassa dei giornalisti, dal momento che quasi non è conveniente erogare delle pensioni pari a 20 euro al mese. […]”
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