Caro signor Gramellini, oggi ho letto, come ogni mattina, il suo Buongiorno. E ci sono rimasto male. Il pane quotidiano si basa su due presupposti: un dato non verificato e una testimonianza diretta.
Il dato non verificato è quello dell’Unione Panettieri romana. La fonte è probabilmente una notizia che gira in rete, a giudicare dal numero di articoli che si possono trovare con una rapidissima ricerca su google (che richiede molto meno di otto ore).
La testimonianza diretta è invece quella di un suo amico pizzaiolo (a che serve l’ISTAT, quando hai un amico pizzaiolo?). Ciò serve per affermare in sostanza che i giovani sono schizzinosi, e non vogliono fare i lavori manuali, socialmente considerati umili, ma che alla fine la colpa è del capitalismo moderno.
Per quanto riguarda l’Unione Panettieri, il dato è incompleto, e mi pare falsifichi la realtà. Manca qualunque rimando ad annunci e comunicazioni ufficiali da parte dell’Unione Panettieri: non si tratta di dati certi, ma di un commento che riprende una notizia che, come si suol dire, gira in rete; in sostanza non è nemmeno un dato.
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Passiamo oltre. Visto che si affida alle testimonianze dirette, usando il suo stesso metodo vorrei informarla di alcune abitudini che i giovani snob e laureati hanno adottato (tra cui il sottoscritto). Per esempio non includere la laurea tra i titoli di studio, ed escludere quasi sempre dottorati di ricerca e pubblicazioni scientifiche quando si cercano lavori in settori diversi da quello di studio. Questo per evitare di sentirsi dire, nei sempre più rari casi in cui si è selezionati per un colloquio, “lei è troppo qualificato”, o di sentirsi domandare “è sicuro di voler lavorare qui?” oppure “ma con un curriculum come il suo, perché cerca lavoro qui?”; domande, queste ultime, che testimoniano sì un atteggiamento discriminante, ma verso chi ha studiato, come se avere un titolo di studio non significhi aver assecondato le proprie inclinazioni, e aver fatto sacrifici per assecondarli, ma essere automaticamente uno stronzetto saccente.Molti annunci di lavoro, poi, riportano dati diversi, rispetto a quando si fa il colloquio. Per esempio esiste in Italia la prassi di contratti a tempo indeterminato in cui il dipendente ha già firmato la lettera di licenziamento prima di iniziare, rendendo di fatto questi contratti a tempo determinato in cui chi si “licenzia” non ha diritto a sussidio di disoccupazione e liquidazione; in questo modo il datore di lavoro prende gli sgravi previsti per legge 407/90, ma non ha tutte quelle fastidiosissime seccature che si hanno quando si riconosco diritti ai dipendenti.
E sa perché si accettano lavori simili, invece di denunciare chi, commettendo vere e proprie truffe, li propone? Sa perché si accettano lavori sottopagati? Li si accetta perché fuori tanto c’è la fila, e perché l’aspirazione massima di un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro, oggi, è la seguente: sopravvivere. Li si accetta consapevoli che questo significa attaccarsi al collo, lavoro dopo lavoro, anelli di una catena tanto pesante quanto invisibile, fatta passare agli occhi dell’opinione pubblica, complice la superficialità di molti giornalisti, per “libero mercato”, “libertà di scelta” e “flessibilità”. Li si accetta consapevoli che, per sopravvivere, si alimenta una mentalità per cui se ti rifiuti di fare lo schiavo, allora forse non hai veramente bisogno di lavorare.
Infine, mi permetto una polemica. Il taglio di certi articoli mi fa pensare ad un “se prendi le bastonate la colpa non è di chi bastona, è della tua schiena”. Sono anni che assisto a questo incivilimento, a questa dinamica che scarica colpe e responsabilità verso il basso. La riscontro per esempio quando si parla di emergenza rifiuti, e sento o leggo “i napoletani non sanno fare la differenziata”. La riscontro quando si parla dello scempio di L’Aquila, una città che è scomparsa, e sento o leggo “è colpa degli aquilani pigri che non si sono rimboccati le maniche”.
I giovani di cui lei parla, signor Gramellini, se esistono e se non sono una costruzione astratta, non stanno otto ore davanti al pc perché sono snob. Forse quelle otto ore sono un surrogato agli ansiolitici.