Da una intervista a Raffaella Cosentino dopo il suicidio di Pierpaolo Faggiano
Sono davvero gli editori i peggiori nemici dei giornalisti free lance e precari? O forse degli “Ordini” che dovrebbero garantire più “Ordine” nel settore che si autogestisce?
Secondo me bisogna partire dalla responsabilità individuale. Inziamo, tutti noi, a non accettare di lavorare gratis o sotto-pagati. Non è più il tempo dei privilegi della casta giornalistica, ma nemmeno si può essere carne da macello, isolati e intercambiabili. Fino a quando ci saranno colleghi disposti a tutto per scrivere e mai disposti a denunciare questa situazione, difficilmente le cose cambieranno. Per questo ho lanciato la campagna “non lavoro per meno di 50 euro” mutuata dallo slogan dei braccianti africani a Castel Volturno. Oggi un giornalista collaboratore, precario o freelance, è come un immigrato senza permesso di soggiorno. Non esiste. Cominciamo a capire che dobbiamo chiedere gli stessi diritti dei colleghi con il contratto, che il nostro lavoro ha pari valore. Poi pretendiamo che Ordine e Fnsi facciano il loro dovere, e anche così non sarà facile.Col tuo gruppo “Quattro per Cinque” sei diventata un riferimento quanto ad iniziative, confronti nel settore.
Semplicemente ho creato un gruppo di denuncia e di scambio di informazioni su questi temi. Sono contenta del fatto che sia una bacheca libera in cui possano dire la loro colleghi che la pensano a volte in modo opposto sulla questione, ma il confronto è importantissimo. Quindi il gruppo io l’ho solo aperto, a renderlo vivo sono le persone che ci scrivono e che ringrazio, anche quando i toni si fanno molto accesi.Come vedi oggi tanti tuoi colleghi che si fanno la guerra tra testate?
E’ pura illusione pensare che siccome lavoriamo senza regole come nel far west bisogna tenere ‘metaforicamente’ la pistola nella fondina e sparare al primo che ci intralcia. E’ l’opposto, per trovare una soluzione serve unità di intenti. Questo non vuol dire stare zitti o tenere a bada i conflitti, vuol dire confrontarsi con animo pulito e non accettare lavoro nero e sfruttamento. Se fai il giornalista e non ti pagano, non stai facendo il giornalista, ti stai facendo schiacciare e metti a rischio il lavoro degli altri. Solidarietà e collaborazione, per me, sono la strada giusta.
che storia tremenda…
ci sarebbe molto da dire su giornalismo/scuole di giornalismo/ordine…
sicuramente quello di decidere di non lavorare gratis è un passo che io personalmente ho sempre condiviso e che pratico ma anche 50 euro a pezzo si possono definire un compenso mi domando? Perché i giornali hanno un infinito numero di collaboratori che poi lavora poco….??? ne basterebbero 3-4 a coprire un tema e ancor meno una zona di una città o un paese: però li devi pagare, metterli in condizione di lavorare bene, retribuirli non a pezzo, ma con un fisso, un contratto co.co.pro che oltretutto costa poco. Perché non fanno nemmeno questo?