Nella notte la decisione: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità le sanzionicontro la Libia. Mentre il Presidente Usa, Barack Obama, si è detto convinto che Gheddafi, «se ne deve andare ora». Lo spettro è quello di uno scenario simile alla Somalia dove la caduta del regime di Siyad Barre nel 1991 innescò una guerra civile infinita. Ma la debolezza delle istituzioni, a Mogadiscio come a Tripoli, rinvia a qualcosa di più di una semplice coincidenza rispetto al comune dominio coloniale italiano.
Lo spettro è quello di uno scenario simile alla Somalia dove la caduta del regime di Siyad Barre nel 1991 innescò una guerra civile infinita tra i differenti gruppi clanici che sono un tratto distintivo anche della società libica. La debolezza delle istituzioni in Somalia come in Libia rinvia a qualcosa di più di una semplice coincidenza rispetto al comune dominio coloniale italiano.
La Libia non è l’Egitto o la Tunisia perché in questi paesi lo Stato ha dimostrato di essere in grado di resistere al di là dei rivolgimenti di regime al vertice. La rivolta, che ha preso a simbolo la vecchia bandiera della monarchia federale dei tempi di re Idris al Senussi, ha un carattere eterogeneo e spiccatamente regionale come dimostra la proclamazione nelle regioni orientali liberate della “Repubblica provvisoria della Cirenaica”. Il rischio vero è quello di una frammentazione sociale e politica del paese, non tanto di un immaginario emirato di al-Qaeda, che viene paventato da Gheddafi per la sua stessa sopravvivenza e da chi in Occidente spera fino all’ultimo che l’amico libico non cada. I sintomi di un possibile collasso dello Stato ci sono e potrebbero andare oltre la semplice riedizione in versione federale dello Stato.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha decretato una serie di sanzioni internazionali contro il regime libico. Sul campo intanto la rivolta avanza verso Tripoli, dove sono oramai caduti nelle mani dei ribelli l’aeroporto, a Sud-Est della capitale, e la città di Zawiya, a pochi kilometri lungo la costa a Ovest di Tripoli. A difendere la capitale e Gheddafi nel suo rifugio di Bab Al-Azizia resta la brigata d’élite Khamis.