La telefonata era più o meno la stessa di sempre: “C’è stato l’ennesimo omicidio questa volta a San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli; te ne occupi tu?”. Non era certo una novità per Mary Liguori ricevere richieste del genere. Chi come lei si occupa di cronaca nera nell’hinterland campano sa qual è il primo comandamento del buon cronista: se l’omicidio chiama, il nerista risponde e soprattutto parte. Il luogo del misfatto diventa lo spazio necessario entro cui muoversi per raccogliere informazioni, osservare, annusare, ricostruire. Se a questo aggiungi che omicidi e regolamenti di conti nelle terre di camorra sono all’ordine del giorno il quadro si completa.
Si potrebbe definire come l’ordinaria prassi del giornalista di guerra. E così anche ieri, ricevuta “l’imbeccata”, Mary ha preso macchina fotografica e taccuino in direzione via San Giorgio Vecchia. Una via che lei, nata e cresciuta a San Gregorio a Cremano, conosce molto bene. Proprio lungo quella strada ha l’officina meccanica il papà Vincenzo. Questione di attimi, la paura che prende il sopravvento, una domanda che diventa un timore: è mio padre? La redazione che chiama e la invita a tornare a casa: “Ce ne occupiamo noi, lascia stare”. I carabinieri e poliziotti della zona la conoscono e sanno già che uno dei morti la riguarda. Al telefono, quindi, rimangono sul vago, preferiscono non comunicarglielo subito. Mary però capisce, c’è il padre coinvolto. Prima spera che sia solo un ferimento, poi però se lo trova davanti: suo padre, Vincenzo Liguori, è morto sul colpo, freddato da un colpo al torace. La sua colpa? Aver visto qualcosa che non doveva vedere: un omicidio a pochi passi dalla sua officina. Alla camorra un testimone scomodo non poteva scappare. A Mary rimarrà il ricordo del padre e forse un desiderio; lottare dentro la guerra di camorra usando l’unica arma che lei possiede: la parola scritta.