Oltre un milione di firme contro la corruzione e per il bene comune. Un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché promuova l’adeguamento del nostro codice alle leggi internazionali anticorruzione. E perché venga finalmente data piena attuazione alla norma, già introdotta nella Finanziaria 2007, che prevede la confisca e il riutilizzo sociale dei beni dei corrotti. Questi i contenuti della campagna promossa da Libera e Avviso pubblico, presentata oggi in conferenza stampa a Roma.
Una raccolta di firme, per mettere freno a un fenomeno dilagante che ammala il nostro Paese: in Italia, la corruzione è sistema. Lo dice la Corte dei Conti, ne sono convinti gli italiani, lo provano i dati. È una tassa occulta che costa agli italiani circa 50/60 miliardi di euro l’anno, quasi mille euro a testa, dalla culla alla pensione. Un furto al bene comune con cifre da capogiro, basti pensare che il valore di tutti i beni sequestrati e confiscati alla mafia negli ultimi due anni e mezzo (18 miliardi) non sono sufficienti a coprire neppure un quinto di quanto è stato contemporaneamente sottratto ai cittadini come costo della corruzione.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nella classifica di Transparency International l’Italia è scivolata quest’anno al 67esimo posto, fanalino di coda del vecchio continente. Il peggior risultato dal 1995. Una situazione che grava particolarmente sulle spalle dei più deboli, poiché dove più distorta è la spesa pubblica, minori sono le risorse destinate alla sanità, all’istruzione e alla ricerca. Ma minori sono anche le possibilità di produzione e investimento. Non c’è garanzia sulla qualità delle opere e i costi per le realizzazioni diventano sempre più alti.
È proprio il bene pubblico del resto, gli appalti per lavori, servizi e forniture, a rappresentare il settore più esposto, anche in virtù della quantità di denaro movimentato: circa 79,4 (6% del Pil) i miliardi di euro stanziati nel solo 2009 per gare d’appalto di importo superiore ai 150mila euro (dati Banca d’Italia). Un mercato rilevantissimo, gestito da una burocrazia farraginosa, terreno fertile per corruzione e quindi, anche, di affari criminali. In cui efficienza e meritocrazia sono sacrificate in nome dell’interesse privato, a favore di chi è in grado di oliare i meccanismi con le “giuste” attenzioni.