Il rottamatore delle caselle postali tradizionali

Via il Fatto Quotidiano bolire la posta tradizionale per salvare le foreste. Se il nostro indirizzo di casa fosse sostituito da un omologo virtuale, il mittente risparmierebbe carta, soldi e francobolli senza rischiare che il messaggio arrivi in ritardo o, peggio ancora, non giunga a destinazione. E anche in caso di calamità naturale, quando vie … Leggi tutto

La fine degli inquinantissimi sacchetti di plastica

Via Greenme

I sacchetti di plastica hanno letteralmente le ore contate. Gia da domani, 1° gennaio, le inquinanti bustine andranno definitivamente in pensione, sostituite da quelli biodegradabili o dalle sporte in tela o iuta.

Un ritorno al passato, guardando al futuro dell’ambiente, con le tradizionali sporte in fibre naturali, ma anche con i nuovi ecoshopper realizzati in bioplastica ricavata da mais e da altre materie vegetali.

Con un anno di ritardo rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea, supermercati e negozi italiani dovranno adeguarsi alla nuova norma prevista all’interno del decreto milleproroghe, ma la confusione regna sovrana.

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Youtube è una televisione

Via Repubblica

Il 2010 si conclude con un “regalo” sgradito per YouTube, DailyMotion e altri popolarissimi siti che ospitano video generati dagli utenti. Due delibere appena pubblicate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) li equiparano a servizi radiotelevisivi, con tutte le conseguenze del caso. L’Italia è probabilmente il primo Paese occidentale a fare questo salto interpretativo, da cui derivano obblighi inediti per i siti internet. Neanche il contestatissimo decreto Romani si era spinto a ipotizzare per i siti “ugc”, fatti cioè di contenuti generati dagli utenti, incombenze come quelle disposte dall’Agcom.

Le due delibere sono quelle su web tv e web radio, approvate il mese scorso  Ma solo adesso che sono state pubblicate vi si può leggere conferma di un risvolto prima d’ora non chiaro: le nuove norme riguardano anche alcuni siti con video forniti dagli utenti. Come appunto YouTube, Dailymotion, Vimeo e molti altri ancora. “Se leggiamo le delibere, è evidente che si riferiscono anche quei siti”, conferma Guido Scorza, avvocato esperto di diritto su interne. I siti ugc diventano così “servizi di media audiovisivo” se sono vere due condizioni insieme: “sfruttamento economico” dei video e “responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata”, “da parte dei soggetti che provvedono  all’aggregazione dei contenuti”.

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Quattro anni con Twitter

Via Pandemia

Oggi, quattro anni fa esatti, mi sono iscritto su Twitter. Stimolato da numerosi inviti di Cristian Conti, ho ceduto e ho provato a capirne di più. All’epoca su Twitter gli Italiani erano quattro gatti. Qualcuno si era iscritto fin dall’estate, quasi tutti gli altri da novembre e dicembre. All’epoca Twitter era qualcosa di molto diverso. Si scriveva in terza persona, vezzo poi venuto meno, si condividevano momenti privati della giornata tra una ristretta cerchia di amici, seppur in pubblico. Gli SMS erano attivi, ragion per cui si potevano ricevere gratis tutti i tweet degli amici e inviare i propri ad un numero UK.

Le potenzialità di comunicazione, più personale che pubbliche, c’erano già tutte. Grazie agli amici del Sole 24 Ore che mi hanno dato retta, il 10 gennaio 2007 usciva su Nova 24 un pezzo a mia firma per raccontare l’emergere di un nuovo fenomeno: la condivisione in tempo reale multipiattaforma. Wall Street Journal e Financial Times si accorgono di Twitter solo tra fine febbraio e marzo, con un piccolo nuovo boom negli USA, tra i geek prevalentemente, che porta ad un nuovo incremento di utenti.
Twitter su Nova nel 2007

In Italia Twitter arriva sulle prime pagine dei giornali nel giugno 2009, con le proteste in Iran, ma capolino l’aveva già fatto a seguito del terremoto de L’Aquila, con qualcuno che ha cominciato ad accorgersi del valore informativo della piattaforma. Il boom di utenti arriva solo con la traduzione in italiano, nel dicembre 2009 e oggi potremmo dire che gli utenti italiani siano certamente più di un milione. Nel mondo, nel frattempo, siamo quasi a 200 milioni.

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Vittime della crisi (e della serietà) : Vagnino

Via Lastampa.it

Dopo quasi novant’anni di attività, «Da Vagnino c’è» non c’è più. Oggi infatti la catena di cartolerie nata nel cuore di Torino vivrà l’ultimo atto di una storia cominciata nel 1922, quando, in via Lagrange, per opera di Francesco Vagnino, nasceva il primo negozio di cancelleria, forniture per ufficio e materiale da disegno della famiglia.

L’ambizioso progetto si avvaleva di uno scrupoloso credo commerciale che Vagnino definiva così: «La mia soddisfazione è la soddisfazione del cliente soddisfatto, e la fiducia del pubblico è cosa sacra». Una filosofia tramandata al figlio Riccardo, che nei primi Anni 60 ha assunto la direzione dell’azienda. Nello steso periodo Vagnino apriva un nuovo negozio in corso Francia, seguendo una strategia di espansione aziendale che nel 1972 sfocerà in un’altra apertura a Mirafiori.

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Marchionne uomo dell’anno per il Sole 24 Ore

Via Sole24Ore

Fino a qualche mese fa Sergio Marchionne era esaltato con quei facili entusiasmi di cui gli italiani sono maestri. Innovatore, salvatore della Fiat, emigrante di ritorno, schivo uomo del pullover ignaro dello chic dei doppiopetto gessati. Di lì a poco ecco il rovescio dell’adulazione di casa nostra, l’insulto, lo schizzo di fiele, la denigrazione. In poco tempo il Ceo della Fiat è passato da patriota dell’automobile, austero abruzzese figlio di un carabiniere, a filibustiere, padrone assetato di profitto, «illiberale» secondo i moderati della Cgil, «fascista» secondo gli intemperanti della Fiom.

Naturalmente l’incenso di prima (perfino l’ex presidente della Camera Bertinotti ne aveva usato un po’) e le uova marce di oggi (perfino la destra ne fa uso, per non essere tagliata fuori dal populismo) non nascondono la realtà: Marchionne ha deciso di smentire le previsioni nette dell’Economist e del Financial Times che annunciavano la morte certa della Fiat e salvare la produzione di auto in Italia. Il patto con la Chrysler, benedetto dal presidente Obama, costringe Fiat alla realtà: o si produce come produce il mondo, o l’Italia non avrà più manifattura di auto. La Fiom parla di «diritti» come se tutti nel mondo non avessero diritto a un lavoro e una vita dignitosa: ma, dimentica dei suoi maestri come Bruno Trentin, non si rende conto che i diritti vanno creati nella realtà, non postulati in astratto.

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Impugna i diritti acquisiti con il tuo editore prima che sia troppo tardi

Via Franco Abruzzo

Per interrompere la prescrizione dei diritti contrattuali acquisiti pubblichiamo due faxsimile della lettera da inviare all’editore per raccomandata entro il 23 gennaio prossimo. Chiesto alla Fnsi di mettere al centro del congresso nazionale di Bergamo e dell’azione postcongressuale tutte le azioni possibili, d’intesa con sindacati, partiti e associazionismo, per correggere gli effetti nefasti della legge 183 e ripristinare i diritti cancellati da questa normativa. IN CODA il testo della legge 183/2010 con un’analisi dell’ufficio legale della Fnsi.

Un Direttivo del Sindacato dei giornalisti del Veneto è stato dedicato alla legge 183/2010, il cosiddetto “Collegato lavoro”. La relazione è stata tenuta dal legale del Sindacato veneto, Luisa Miazzi, che ha spiegato nel dettaglio i contenuti della norma ai giornalisti veneti accorsi numerosi alla riunione. Era presente al completo la Consulta dei Cdr che si stanno mobilitando per far fronte alla grave situazione che, causa questa legge, penalizza centinaia di precari e freelance solo nel Veneto.

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Le tv private stritolate fra Berlusconi, controinformazione e digitale terrestre

Luciano Borghesan su Lastampa.it

Berlusconi ci sta uccidendo», l’Sos giunge dai responsabili delle tv piemontesi che si uniscono al coro nazionale dell’emittenza privata contro il governo. «In un sol colpo – dicono – il decreto Milleproroghe spazza via 45 milioni di euro destinati alle radiotv locali e la Legge di stabilità sottrae all’emittenza nove canali (dal 61 al 69) per destinarle a Mediaset, Rai, Telecom e Sky».

E’ la rivolta di televisioni storiche verso chi si affermò in nome della «libertà d’antenna» contro il monopolio Rai: «Il gruppo Mediaset di Berlusconi persegue da tempo un disegno che prevede il nostro annientamento – avverte Davide Boscaini, da trent’anni impegnato con Quartarete -: Striscia la notizia e le Iene hanno fatto a gara per minare la credibilità delle nostre emittenti, con inchieste su aste, televendite, cartomanti, denunciando truffe, vero, ma senza mai evidenziare che certi personaggi erano diventati tali grazie a trasmissioni nazionali di Rai e Fininvest. Hanno generalizzato, e noi abbiamo perso gli introiti pubblicitari anche di chi non c’entrava con Vanna Marchi e simili. Poi il passaggio al digitale, che a noi non serviva, ora i tagli, la retrocessione a canali che si trovano sul telecomando in collocazioni inarrivabili, l’impossibilità di coprire con il segnale l’intero Piemonte, a causa della suddivisione delle regioni in più aree tecniche. Ci stanno macellando».

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Arenaways: a gennaio si viaggia con 10 euro da Torino a Milano e arrivano gli abbonamenti

Dal 3 al 30 gennaio si potra’ viaggiare da Torino a Milano sui treni Arenaways a 10 euro anziche’ 17 e un abbonamento speciale, valido per tutto il periodo, permettera’ anche due corse al giorno per cento euro. Considerando che il biglietto  delle Ferrovie dello Stato costa 5 centesimi di più la cosa diventa interessante … Leggi tutto

La realtà decrescente dei magazine a pagamento per Ipad

Via WWmedia, anche se gli editori sperano ancora in Natale

Remember when Wired’s debut issue for the iPad sold more than 100,000 times in June? It looks like it will be a while before that type of performance is seen again. Digital sales dropped toward the end of 2010 for all the magazines that make those figures available to the Audit Bureau of Circulations.

Many magazines that are available on the iPad, such as Esquire, People and The New Yorker, have not posted their digital single-issue sales to the ABC. But Vanity Fair sold 8,700 digital editions of its November issue, down from its average of about 10,500 for the August, September and October issues. Glamour sold 4,301 digital editions in September, but sales dropped 20 percent in October and then another 20 percent, to 2,775, in November. GQ’s November edition sold 11,000 times, which was its worst performance since April (when the iPad was released) and represents a slight decline from its average digital sales of 13,000 between May and October.

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