Ci sono un giornale statunitense – The New York Times – un giornale britannico – The Guardian – un giornale tedesco – Der Spiegel- un giornale francese – Le Monde – e un giornale spagnolo – El Pais. Non c’è un giornale italiano. Come mai? Il giornalismo italiano non è considerato sufficientemente credibile e prestigioso? Forse il dibattito nazionale su questa vicenda dovrebbe vertere anche sul perché dell’esclusione. Come di consueto, Wikileaks ha anticipato il contenuto del suo ultimo dossier ai giornalisti investigativi di alcuni tra i più importanti organi di informazione mondiali, per permettere loro di verificare e incrociare le fonti prima di pubblicare.
Si può discutere quanto si vuole, sul cui prodest, su chi c’è dietro Wikileaks e Julian Assange, ma senza dimenticare che grazie a questo sito il gioco è cambiato, le gole profonde non sono più prerogativa di alcuni. Sono a disposizione di tutti i giornalisti che vogliono fare il loro mestiere, cioè approfondire, vagliare, setacciare e poi scrivere.
Da quando esiste il mondo, si sa che i poteri non amano che i cronisti vadano a ficcare il naso nei loro affari. L’accesso ai documenti ufficiali è ostacolato in tutti i modi. Il lavoro dei giornalisti seri diventa sempre più difficile, proprio per la mancanza di trasparenza, e provvedimenti come il Freedom of Information Acts rischiano di essere mosche bianche o meri palliativi.Wikileaks dimostra che anche i segreti più reconditi possono essere svelati, il che dovrebbe rincuorare i cittadini del mondo e preoccupare i potenti. Senza testimoni può crescere il senso di impunità. E’ questa la vera rivoluzione, non solo tecnologica ma sociale. E’ una vittoria del diritto all’informazione. Le gole profonde fanno un mestiere e i giornalisti un altro. E’ bene comunque che i due ruoli restino distinti.
UPDATE: Massimo Mantellini racconta perchè i giornalisti hanno paura di Wikileaks
Per molto tempo hanno fatto finta di nulla. Poi ad un certo punto anche in Italia è accaduto che di Wikileaks non si è potuto più non parlare. E allora, prima ancora di chiedersi quali cambiamenti importanti hanno causato le recenti campagne informative mediate dalle soffiate di Wikileaks, è interessante osservare come ha reagito il sistema dei media a queste novità piovute dal cielo. Perché in realtà solo una cosa rilevante è accaduta in questi ultimi mesi: la mediazione dei sussurri è stata in parte sfilata dalle mani del sistema dei media tradizionali e consegnata ad un altro nuovo soggetto. E’ un fenomeno di sostituzione al quale Internet ci ha abituato, non è casuale quindi che in giornate come queste in cui anche in Italia i media sono costretti a parlare di Wikileaks decidano di farlo con minime scaglie di entusiasmo e molta demonizzazione. (poco fa per esempio Enrico Mentana al TG de La7 ha ripetuto più volte l’espressione “il sito pirata Wikileaks”)
Questo accade intanto scaricando la responsabilità sulle spalle di Julian Assange, come se il progetto Wikileaks ed il biondo eccentrico australiano coincidessero. Fa comodo raccontare questo (anche se Assange ci mette del proprio per supportare involontariamente questa idea) perché è meglio pensare che un pazzo abbia per un istante impugnato lo scettro e sia fuggito in giardino piuttosto che accettare l’idea che il dietro le quinte dell’informazione mondiale non sarà mai più sotto il proprio controllo o lo sarà molto meno. La stragrande maggioranza dei media mondiali oggi detesta Wilileaks (fraternamente ricambiati) per queste ragioni e fatica a nasconderlo. Anche questo, se ci pensate, è piuttosto normale: quello che i giornali producono ogni mattina è il risultato di una gigantesca e continua mediazione fra migliaia di cablogrammi, il cui principale gestore è il sistema mediatico stesso che in questo modo sostenta se stesso. Come avviene spesso in questi casi i peggiori hanno molto da perdere, quelli che hanno per anni utilizzato le informazioni come merce di scambio proclamandosi contemporaneamente orgoglioso ingranaggio del sistema democratico. Per il grande giornalismo Wikileaks è un valore aggiunto (e anche una formidabile complicazione) ma stiamo parlando di una frazione miserrima delle parole ogni giorno inchiostrate nel pianeta. E se vi siete chiesti come mai nessuno in Italia ha accesso ai dati in questione avete già la risposta.
La seconda reazione pavloviana del sistema mediatico rintracciabile nei commenti di questi giorni è un corale: chi c’è dietro Wikileaks? Lo hanno scritto tutti, ancora una volta con qualche patetica preoccupazione per il destino democratico del pianeta. Evidentemente l’ipotesi che ci siano soggetti animati da sentimenti di altruismo e trasparenza non appartiene più nemmeno all’orizzonte del possibile. Dal punto di vista dei cittadini lettori di giornali la medesima domanda poteve essere applicata fino a ieri ai giornali stessi, con gli stessi angiosciosi dubbi. Fidarsi di Wikileaks o del Wall Street Journal? Il candidato argomenti a piacere.
Wikileaks non è un sito pirata, solo l’egocentrismo sfatto di un certo giornalismo può anche solo immaginare una cosa del genere, ma non è nemmeno la soluzione dei nostri problemi informativi. Paradossalmente oggi Wikileaks crea più problemi di quanti non ne risolva, non foss’altro per la protervia con cui procede spedito verso la collisione con un universo organizzato e potentissimo che è quello dei fitti intrecci fra sistema mediatico e politico. Ma dentro questo autolesionismo ci sono lampi di grande lucidità come la scelta geniale di passare le proprie informazioni ai migliori quotidiani mondiali. Insieme a questa anche qualche ingenuità degna della Internet dei primordi, come rendere disponibili a chiunque tutti i dati grezzi a propria disposizione in ossequio ad una idea rispettosa dell’intelligenza delle masse o di una parte di queste.
UPDATE: Repubblica aggiorna un ottimo database completo dei cablogrammi segreti