Care Concittadine e cari Concittadini, mi rivolgo a voi per dire una parola definitiva sull’ipotesi di “Profumo Candidato Sindaco di Torino”, perché è direttamente a voi che credo sia giusto che io parli.
Io sono molto onorato che una grande Città come Torino, nella quale non sono nato, ma dove ho studiato, vivo con la mia famiglia e lavoro con grande soddisfazione da molti anni, abbia pensato a me come futuro Sindaco della Città, attraverso l’espressione di persone della cultura, del terzo settore, delle parti sociali, delle realtà imprenditoriali, degli studenti, della società civile in generale e della politica. Non sono certo di meritarlo, ma sono piacevolmente stupito e colpito dal fatto che, in questi ultimi mesi, molte persone (uomini, donne, giovani e anziani) che non avevo mai conosciuto in precedenza, mi fermino per strada e mi chiedano che cosa io pensi della Torino del futuro e se mi candiderò per diventare il Sindaco della Città. Nessuno mi ha mai parlato di partiti, di primarie e di rapporti tra Torino e Roma.
Una premessa è opportuna. Fin dall’inizio della querelle dissi che io ero al mio secondo mandato come Rettore del Politecnico, che avrei terminato nel 2013, che il processo di rinnovamento dell’Ateneo non era ancora concluso e che mi sentivo impegnato verso i miei colleghi e gli studenti a portare a termine il mio lavoro.
Io non ho mai “tirato la corda dei tempi”, ritengo che la fretta sia una cattiva consigliera: in tutte le scelte importanti della vita, quando si è trattato di prendere una decisione e il tempo stringeva, mi sono detto: calma, rilassati, valuta attentamente. E’ la mia razionalità che me lo impone. Credo, ancora una volta, di aver avuto ragione, provate ad immaginare quale sarebbe stata la mia vita negli ultimi mesi, se avessi seguito i molti “consiglieri della fretta”.
Prendo atto del fatto che la conflittualità della politica nazionale ha dei riflessi importanti anche sulla partita delle elezioni amministrative della prossima primavera e che tutto il processo ne è stato inevitabilmente accelerato. In questi mesi, a Torino, si è parlato troppo poco della Torino del futuro e molto delle lotte interne ai partiti, di primarie e dei rapporti tra Roma e Torino. I cittadini vogliono invece discutere, ascoltare, immaginare, avere indicazioni su quale ruolo potrà giocare il Comune di Torino sui grandi temi della città: Fiat e territorio, lavoro e giovani, socialità e classi più deboli, finanza delle casse comunali e investimenti sul territorio, integrazione e sicurezza, attrazione di investimenti e innovazione, formazione, ricerca e sviluppo e molto altro.
I risultati del lavoro delle giunte Castellani e Chiamparino, che ci consegnano una bella città, – e credo di interpretare in modo corretto il vostro pensiero, di cui noi tutti siamo orgogliosi – diversa e migliore di quanto non fosse all’inizio degli anni ’90. Non è, credetemi, un compiacimento autoreferenziale, ma molte sono le attestazioni che ci provengono da ogni parte del mondo. Non ultimo l’invito rivolto da due delle più prestigiose istituzioni anglosassoni, la Brookings Institution e la London School of Economics al Sindaco, al Presidente dell’Unione Industriale e al Rettore del Politecnico il 7 e 8 dicembre 2010 a Chicago al Global Metro Summit, dove Torino, con altre tre città, Monaco, Barcellona e Seul, è stata scelta come esempio di rinascita virtuosa dalla crisi attraverso un piano strategico basato sulla riqualificazione urbana, sulla centralità della conoscenza, sulle nuove energie e lo sviluppo sostenibile. Questo è un grande riconoscimento per il lavoro fatto, ma è una responsabilità per l’Amministrazione che governerà la città nei prossimi anni. Ho avuto la certezza che la scelta su Torino sia stata determinata anche dal nuovo ruolo della nostra maggiore azienda automobilistica nazionale negli Stati Uniti: essere passati dal Fix it Again Tony al Fix the Industry of Automobile, Thanks! È un risultato di cui tutti dobbiamo compiacerci.
Per il futuro di Torino c’è una grande scommessa della politica, nel senso più alto del termine: qualcuno ha detto “Novecento contro nuovo secolo”. Torino può diventare, come spesso le è successo nel passato, il laboratorio avanzato del nostro Paese e del nostro futuro, che ha necessità di ritrovare visione, idee, valori, energie e risorse per poter competere con gli altri grandi Paesi, in cui territori e globalizzazione dovranno trovare una sintesi di equilibrio, senza creare conflitti sociali che lacerano e che non creano nulla.
La discussione di questi giorni è se a guidare questo processo debba essere la politica o la società civile. Io credo che il tema non sia posto nei termini corretti: il panorama è complesso e la politica da sola non può più farcela, perché la gestione del cambiamento sul medio termine (10-15 anni) richiede metodiche e strumenti sofisticati e visioni e tempi che non sono compatibili con una politica che non può avere tutte le competenze e troppo pressata dal quotidiano e dagli eventi a breve a termine. Nello stesso tempo la società civile che potrebbe avere la vision e gli strumenti per guidare il cambiamento, non sempre capisce le “logiche-non logiche” della politica (accelerazioni e decelerazioni, comunicazioni contraddittorie, dinamiche schizofreniche) e rischia di non saper gestire il quotidiano. La soluzione non è dietro l’angolo, ma forse sarebbe stato opportuno ascoltare di più le istanze dei cittadini e ricordare che dovremo scegliere chi amministrerà la nostra città nei prossimi cinque anni e non i nostri politici da inviare a Roma. Si sarebbe potuto partire da un Progetto Torino 2020, per creare successivamente una lista civica proprio con quel nome, con il supporto dei partiti. Quali? Quelli che si fossero riconosciuti nel programma.
Veniamo a me. In tempi non sospetti, all’inizio della querelle sulla mia disponibilità a candidarmi a Sindaco di Torino, indicai tre condizioni preliminari: non essere il candidato di un partito, ma l’espressione della società civile, creare un laboratorio Torino di larghe intese (stiamo parlando di amministrare una Città e non di politica nazionale) così come era stata Alleanza per Torino del 1993, superare lo scoglio delle primarie, non venendo meno alle regole dei partiti, con la creazione di una lista civica supportata dai partiti. Purtroppo, fino ad oggi, nonostante la buona volontà di molti, non si è verificata la convergenza sui tre punti da me indicati. Pertanto, confermo la mia disponibilità a lavorare per il Progetto Torino 2020, con energia ed entusiasmo, ma dalla mia posizione di Rettore del Politecnico di Torino. In chiusura di questa mia lettera, permettetemi infine due sinceri ringraziamenti. In primo luogo a tutti coloro che lavorano e studiano al Politecnico, studenti, personale tecnico amministrativo e docenti, che hanno continuato il loro straordinario lavoro per l’Istituzione, in un periodo, loro malgrado, molto difficile e incerto. A loro assicuro rinnovato impegno ed entusiasmo nel perseguire gli importantissimi obiettivi comuni che ci attendono. In secondo luogo, a tutti coloro che in questa fase così interessante della mia vita mi sono stati vicini, in primis mia moglie e i miei figli, permettendomi di fare una scelta responsabile e indipendente, che spero possa essere condivisa da molti di voi. Con gratitudine.
Francesco Profumo