Paola Caruso ha fermato il suo sciopero. Possiamo passare dall’emergenza all’analisi dei fatti. Ad esempio il silenzio assordante e devastante della stampa italiana sulla notizia
I giornalisti si sa, sono come i blogger. Ogni volta che possono parlano di loro stessi. Se potessimo alleggerire le pagine dei quotidiani e dei settimanali dalle interessantissime diatribe fra direttori, editorialisti, corsivisti e recensori vari ci sarebbe da salvarci mezza Amazzonia. A meno che non ci sia da discutere degli aspetti meno edificanti della professione, come per esempio del caso di una giornalista precaria che sta facendo lo sciopero della fame. Perchè in quel caso la notizia diventa immediatamente flebile e senza interesse e non merita le pagine di carta o il prezioso spazio di uno dei 400 aggettivi che ogni sera Mentana dedica a se stesso.
Prendere le parti della giornalista o dimostrarsi ostile è un esercizio formale che rimane tale se si è in inferiorità di dettagli precisi e conferme puntuali per argomentare le varie tesi. Se volessimo sforzarci di fornire un giudizio, è inutile ribadire quanto il precariato mini la stabilità dei giovani lavoratori, in perenne e raffazzonato equilibrio che non consente visioni lungimiranti. Certo, parlare di sfruttamento potrebbe essere eccessivo, così come mettere in discussione la buona fede della Caruso, nonostante non ci venga riferito da altri sulle sue qualità, se davvero meritasse il posto a cui ambisse. Piuttosto, è inquietante notare come nessuna testata nazionale, di quelle che affollano l’edicola, abbia dedicato due righe due alla vicenda, neppure quotidiani da sempre più attenti di altri (come Il Fatto Quotidiano) hanno dato spazio al suo appello. Quando si dice, spirito di collaborazione.
A dire il vero, il Fatto quotidiano è stato uno dei primi: ecco .
C'è invece un altro aspetto che pochi hanno colto o al quale è stato dato poco risalto.
C'erano i dati, c'erano le informazioni e c'erano i testimoni: più persone si sono alternate a casa sua mentre si sviluppava la vicenda (io ero tra quelli, per esempio), tra telefonate, email e tutto il resto. In tempo reale.
Invito per esempio a leggere l'ultimo post di D'Ottavi.
Una parte della rete, pur non essendo fisicamente vicino a Paola e non conoscendo la situazione – talvolta non conoscendo nemmeno Paola – ha preso per buone queste informazioni perché ha ritenuto che le fonti fossero attendibili.
Un'altra parte ha preso per buone le informazioni riportate direttamente da Paola e un'altra parte ancora non ha preso per buono niente.
Tutto questo è molto interessante perché la credibilità di una fonte indipendente – come può esserlo un blogger o un citizen journalist – è alla base di nuovi modelli di distribuzione dal basso delle informazioni, così come la fiducia che scegliamo di concedergli o meno.
Secondo me c'è di che riflettere.