Un mese fa, nella rubrica di Report “C’è chi dice no”, Milena Gabanelli raccontava la storia di un italiano con la schiena dritta: Raphael Rossi, 35 anni, specializzato nella progettazione di sistemi per la raccolta differenziata, fino a quattro mesi fa vicepresidente dell’Amiat (l’azienda municipale per la raccolta dei rifiuti a Torino) indicato da Rifondazione comunista. Essendo incredibilmente competente in materia, tre anni fa Raphael ha scoperto che i vertici aziendali stavano brigando per acquistare (anzi per far acquistare dagli ignari cittadini torinesi) un macchinario inutile e costoso: una cosina da 4 milioni di euro. Incurante di sollecitazioni, ammiccamenti e lusinghe, Rossi ha tenuto duro e con i suoi rilievi tecnici ha bloccato l’acquisto. Allora s’è fatto vivo con lui l’ex presidente Amiat, Giorgio Giordano, facendogli balenare una bella tangente se non si fosse presentato in Cda a dire no all’acquisto. Rossi ha fatto ciò che ogni buon cittadino dovrebbe fare, infatti quasi nessuno fa: s’è rivolto alla Procura della Repubblica. I magistrati e la polizia giudiziaria l’hanno invitato a fingere di accettare la proposta indecente e, grazie a lui, hanno smascherato e incastrato i tangentari, arrestandoli e chiedendo il rinvio a giudizio di sette persone per reati che vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta.
L’udienza preliminare inizia il 13 dicembre. Ma, come lui stesso ha raccontato a Report e poi ad Annozero, anziché ricevere complimenti e incoraggiamenti dall’Amiat e dal Comune di Torino (retto dal sindaco Pd Sergio Chiamparino) per il servigio reso alla collettività, Raphael è stato cacciato dall’Amiat (unico membro del vecchio Cda a non essere riconfermato) e isolato dalla politica, anche dal suo partito. Come nella migliore cultura mafiosa, chi collabora con la giustizia si rende inaffidabile nel suo ambiente. E diventa un ingombro, un appestato.Perché non si costituisce parte civile anche il Comune? E, soprattutto, perché né l’Amiat né il Comune hanno offerto a Rossi l’assistenza legale? E’ dal 2007, quando sventò la tentata corruzione facendo risparmiare ai torinesi 4 milioni che Raphael si paga l’avvocato e continuerà a farlo per tutto il processo in cui, ovviamente, è lui stesso parte lesa. Poi certo, fra una decina d’anni, se gli imputati verranno condannati, gli saranno rimborsate le spese legali e forse anche qualche euro di risarcimento. Ma intanto viene lasciato solo, mandato allo sbaraglio senza coperture politiche e istituzionali.
Un gruppo di cittadini ha lanciato un appello al Comune di Torino perché si costituisca parte civile e non lasci solo Raphael Rossi. Lo pubblichiamo sul sito del Fatto Quotidiano. Le firme della redazione del Fatto sono assicurate. Quelle degli amici lettori, speriamo, anche.
UPDATE: Martedì 7 dicembre 2010 alle ore 11.00 Raphael Rossi ha consegnato le 40 mila firme raccolte per chiedere al Comune di Torino di costituirsi parte civile al processo sulla vicenda che lo riguarda nei confronti di Amiat. E’ stato ricevuto dal presidente del Consiglio Comunale Castronovo, dato che il sindaco Chiamparino non aveva tempo
Me sembra struggente ed ammierevole che una persona così integra ed onesta, maltrattata da quelli che la dovrebbero premiare, resista ancora e non se ne vada a vivere all'estero. Penso che esseri Umani, con maioscole, così decenti non meritano un mondo così sporco ed ingiusto, addirittura, estupido.