Alle annuali Venice Sessions di Telecom Italia, che sono date anche in diretta streaming, stamattina hanno discusso dell’amore nella realtà digitale e sono finiti fatalmente a discutere di “realtà” con la partecipazione di psicologi, psicanalisti, filosofi e quanti altri.
Se fossi stato lì avrei obiettato che il digitale è tutto un gigantesco effetto di realtà – è stata molto bella la frase del filosofo Maurizio Ferraris sulla scrittura che è un’antica tecnologia. Ce la portiamo dietro e la contrapponiamo agli effetti di straniamento del digitale che sarebbero irreali, ma nacque anch’essa tecnologia e immateriale per di più.
Dunque il digitale come gigantesco effetto di realtà e “sulla” realtà. Per fare un esempio di ciò che intendo: ci sono forme di amore che fino a che ha dominato il mondo degli atomi erano segregate e condannate ai percorsi del ghetto e del nascondimento. Per esempio le relazioni fra persone dello stesso sesso. Il digitale, infrangendo la barriera del luogo, del giudizio e del pudore ha creato circuiti interamente nuovi (qualcuno citava Irc stamattina: appunto).
Questa è una realtà nuova. Per carità, con mille “lati oscuri” e difetti di consumismo digitale e di rapporti “liquidi”. Però è letteralmente realtà aumentata. Poi si può argomentare che la realtà è un’illusione e sarei disposto a seguire chi argomentasse in questo senso.