Due fra le infinite cose uscite in questi giorni sulla vicenda Ruby – Bunga Bunga
Ce lo possiamo permettere? Chiediamoci questo. L’Italia, noi italiani viviamo in un paese così prospero, così egualitario, così giusto, così salubre e così efficiente, in un paese così ricco di tutte quelle ricchezze che fanno dignitosa la vita degli uomini da poterci permettere – in questa democrazia avanzata e matura, solida e coesa – la bizzarria di avere a capo del governo un uomo anziano ossessionato dalla sua stessa vecchiaia, avvelenato di farmaci che gli assicurano apparente vigore e devastato dalle plastiche che ne fingono l’eterna giovinezza, un ex chansonnier piduista di tortuose fortune e discutibili amicizie oggi impegnato a tempo pieno a garantirsi l’impunità dai molti processi e a comprarsi le alleanze che lo portino al Quirinale oltrechè, da una certa ora del giorno in poi, ad organizzare notti in villa e trasferte in dacia così da poter ricevere in accappatoio bianco le ospiti procacciate a nugoli dai suoi servitori intanto messi a capo di imprese commissioni parlamentari reti televisive e ministeri, riceverli con il calice in mano e fare le sei del mattino raccontando barzellette di sapore africano dei tempi di Macario, e tutti giù a ridere prima di tuffarsi in piscina o nel letto?
No perché penso, in fondo, che se l’Italia fosse un paese così sano produttivo progredito ed autosufficiente potrebbe persino sopportare il temporaneo vuoto di potere democratico (che dell’assoluto arbitrio di uno solo è sinonimo) determinato dalla provvisoria permanenza al governo di Silvio B. In fondo dieci anni o anche venti di fronte all’eternità sono un attimo. La Roma di Augusto, l’Italia di Einaudi potrebbe sopravvivere facilmente a questa caricatura di imperatore che gli è toccata in sorte: che si è scelta per motivi che solo gli storici con saggezza chiariranno, le responsabilità è ovvio che siano tra tutti equamente distribuite. Tra chi lo ha scelto e chi non ha saputo o potuto opporre alternativa e rimedio.
Una volta l’Italia era la settima potenza industriale ed un faro nella culla del mediterraneo. Oggi non solo non siamo in grado di introdurre il rispetto dei diritti umani nei paesi dell’Africa del nord, ma anzi importiamo i loro costumi tribali. Importiamo il Bunga Bunga da Muammar Gheddafi e prendiamo lezioni di democrazia da un sovrano che regna indiscusso sull’Egitto da quarant’anni: Hosni Mubarak. (per capire chi è l’uomo dal quale Silvio Berlusconi vuole andare a scuola, guardate questo video).
Non è un caso se Ruby, la minorenne cleptomane che frequentava i Bunga Bunga di Berlusconi (dopocena erotici), è stata rilasciata dalla Procura, lo scorso maggio, dopo una telefonata dalla Presidenza del Consiglio che la indicava proprio come nipote di Mubarak. Ovviamente non era vero, ma Berlusconi era sicuro che Hosni non se la sarebbe presa. Perché anche loro sono uguali. Hanno lo stesso concetto di giustizia ad personam: l’egiziano mette dentro i propri avversari politici in maniera da non avere avversari alle elezioni, l’italiano tiene fuori se stesso e le ragazzine a cui vuole bene. Ovviamente non vuole bene a prescindere, ma solo a tipette qualunque, dozzinali e anonime come Noemi e Ruby. Se sei racchia puoi marcire in cella. Se sei una divinità greca puoi partecipare ai Bunga Bunga o curargli le carie. Quando il sultano si stufa, ti ricicla premiandoti con un posto alla Regione Lombardia.
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Ora io dico: visto che questi Bunga Bunga sono pagati con i nostri soldi, da questa sera vogliamo partecipare anche noi. Tutti in fila davanti ad Arcore dopo le 22.30. Alla porta troverete Emilio Fede. Ditegli che siete i padroni del locale.